Acquistare un disco in formato digitale è una pratica comune, leggera, veloce: con un inglesismo si definisce un’azione smart. Quest’intelligenza sottesa in uno dei significati del lemma, però, viene drasticamente meno quando si tratta di recuperare, oltre alle tracce che il disco lo compongono, il libretto informativo che lo accompagna (malauguratamente chiamato booklet). È questo il caso dell’ultimo disco inciso dalla bravissima Rosa Feola, soprano fenomenale, insieme alla Cappella Neapolitana diretta dal maestro Toni Florio. Per reperire informazioni importanti sulla composizione del disco, il testo dei brani, l’elenco dei musicisti che compongono l’orchestra e, l’interessante approfondimento firmato da una penna eccezionale qual è quella di Dinko Fabris, bisogna profondere impegno, fatica e anche una buona dose di fortuna.
E meno male perché il disco è godibilissimo, con arie memorabili tutte scritte da un compositore fondamentale del classicismo italiano che, purtroppo, è stato per lungo tempo, e a torto, messo da parte: Niccolò Piccinni. Barese di nascita, ma napoletano di formazione si cimentò con grande successo nel campo dell’opera buffa, componendo titoli di grande successo all’epoca, tanto da riuscire a lavorare stabilmente a Parigi e a insegnare presso la prestigiosissima Académie Royale de Musique, antesignana del Conservatorio sulla Senna. Tra le altre cose, la leggenda vuole che a Piccinni si debba l’invenzione del celebre insulto barese trmon che, a quanto pare, nacque da una corruzione della parola francese autrement (altrimenti). Tornando, invece, al disco si nota da subito l’intento della cantante (dichiarato poi anche nel libretto) di omaggiare le proprie origini campane valorizzando un grandissimo esponente del linguaggio operistico napoletano.
L’aria che dà nome al disco, Son regina e sono amante dalla Didone abbandonata, apre con grande eleganza la raccolta di arie. Fin da subito si capisce l’eleganza della tecnica compositiva picciniana, che il soprano e l’orchestra restituiscono grazie a una prassi esecutiva attenta. Delicatissime, infatti, sono le diminuzioni scritte da Florio (non è indicato, ma si può presumere) per ornare i “da capo” delle arie che, come all’epoca, non si presentano mai uguali e regalano imprevedibilità. Il disco è consigliatissimo per questi motivi al cui vertice non si può non mettere la bravura di Feola il cui timbro corposo si sposa con grazia ed eleganza ai delicatissimi passaggi virtuosistici che Piccinni regala: accattatavill!