Euterpe è ormai diventata una prostituta. Un po’ di silenzio, prego…

SilenzioIn auto, al bar, al supermercato, al centro commerciale, dal medico in sala d’attesa, in piazza e chi più ne ha più ne metta. Forse non ce ne accorgiamo, ma la musica fa parte della nostra quotidianità più di quanto ne siamo consci.

Ognuno di noi viene a contatto con frasi, strofe, motivetti che scivolano subdolamente nell’orecchio senza chiedere permesso. Questo è l’udito, un senso che non può avere una vera e propria sospensione come, per esempio, la vista e, invece, al pari dell’odorato è sempre pronto ad accogliere aulenti note o mefitici clangori.

Nel 1936 Walter Benjamin pubblicò la prima versione del saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica ed è proprio questa capacità di replicare l’opera d’arte, in questo caso la musica, in ogni luogo, in ogni circostanza, ciò che distingue la nostra epoca da quelle precedenti. La fruizione della musica, oggi, non risponde più all’esigenza del bello insita nell’uomo, ma è diventata la stampella dell’horror vacui che riempie il tempo moderno. Ciò che accade, quindi, è la necessità di riempire ogni anfratto temporale della vita, spazialmente, temporalmente e acusticamente.

L’incapacità di fare i conti col silenzio è una delle più grandi disgrazie di oggi: il silenzio è il commento sonoro della staticità fisica, ma certo non dell’immobilità del Pensiero che, purtroppo, si sta perdendo tra le pieghe di una società votata più all’azione estemporanea ed emozionale che a quella più lenta e ragionata. Ciò comporta una incapacità di comprensione dell’opera d’arte che invece scade in una vera e propria fruizione consumistica: Euterpe non è più la musa che rallegra, ma è diventata una prostituta alla quale non si deve rendere conto, presa e gettata dopo un rapido uso.

Ciò che si può fare è riconquistare il diritto di godere del silenzio (e forse in questo John Cage ci aveva visto lungo), non per recuperare una contemplazione estatica dell’opera d’arte, ma per creare uno spazio di assenza utile al ragionamento e alla crescita interiore dello spettatore. La più profonda comprensione dell’arte è, quindi, foriera di una rinnovata capacità di analisi della realtà derivata dall’azione di sintesi che è propria del pensiero.
Vale quindi la pena ascoltare meno ascoltando meglio, in modo che tutta la vita non diventi rumore di fondo.

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