domenica
19 Ottobre 2025

Il futuro non è roseo per la scrittura musicale

Condividi

«L’opera ha il compito di nobilitare tutti […] ed adeguarci a Sua Maestà». Questa è una battuta contenuta nel film Amadeus del 1984 di Miloš Forman. Quella frase, messa in bocca a uno dei lacchè musicali al servizio dell’Imperatore Giuseppe II, oggi risuona lontana, quasi impossibile. La caduta dell’Ancien Régime è stato uno dei fattori primari che, nei fatti, hanno allontanato, passo a passo, l’idea che la musica debba elevare l’animo umano. Questo, unito a un’arte sempre più interessata a creare un utile, invece di rimanere fedele al suo primiero afflato, ha portato a un impoverimento progressivo del tessuto musicale che, per assurdo, è stato dapprima portato alla sua più densa e cerebrale manifestazione prima di diluirsi in un battito d’ali.
La musica, anche quella d’uso, fino a pochi anni fa aveva alcuni canoni cui non contravveniva, tra i quali forse il più importante, talvolta assolto inconsciamente, la coerenza armonica. Sia chiaro, non si sta qui dicendo che tutta la musica dagli albori a oggi era legata alle relazioni dell’armonia funzionale, ma è evidente che la musica abbia risposto a esigenze acustiche che oggi vengono disattese a favore di una pretesa semplicità d’ascolto. Questa è una presunta necessità della società moderna che inconsciamente si dichiara sempre più incapace di gestire anche la più semplice architettura sonora. Ciò è disperante e lascia aperta la domanda su quale futuro possa avere l’eredità sonora dei secoli passati, votati invece alla creazione e allo sviluppo delle trame sonore più dense.
La modernità oggi è votata alla semplicità pseudonaïf celata dietro la scusa dell’importanza testuale, anche questa gestita in maniera sempre meno poetica (ignorando le più basilari nozioni di metrica). Ciò porta inevitabilmente a un impoverimento del testo musicale, malcelato banalmente come facilitazione all’ascolto. Il futuro, quindi, non è roseo per la scrittura musicale. Nei conservatorî ancora ci sono giovani che aspirano, giustamente, a un futuro armonico che, tuttavia, oggi appare assai lontano. Che non si confonda, però, questo allarme con un animoso panegirico, una lamentazione sulla decadenza dei tempi. È ora, invece, di prender coscienza del fatto che una volta scappati i proverbiali buoi sia inutile chiudere la stalla. Cosa rimane, quindi, non è chiaro. Quale sarà il ruolo della musica in futuro è incerto, ma le nubi all’orizzonte sono grigie e sempre più vicine.

Condividi
CASA PREMIUM

Spazio agli architetti

La darsena di Ravenna protagonista alla Biennale di Venezia

Nel progetto "Italia Infinita 2075" che immagina una connessione veloce sotto l'Adriatico

Riviste Reclam

Vedi tutte le riviste ->

Chiudi