martedì
24 Giugno 2025

Il futuro non è roseo per la scrittura musicale

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«L’opera ha il compito di nobilitare tutti […] ed adeguarci a Sua Maestà». Questa è una battuta contenuta nel film Amadeus del 1984 di Miloš Forman. Quella frase, messa in bocca a uno dei lacchè musicali al servizio dell’Imperatore Giuseppe II, oggi risuona lontana, quasi impossibile. La caduta dell’Ancien Régime è stato uno dei fattori primari che, nei fatti, hanno allontanato, passo a passo, l’idea che la musica debba elevare l’animo umano. Questo, unito a un’arte sempre più interessata a creare un utile, invece di rimanere fedele al suo primiero afflato, ha portato a un impoverimento progressivo del tessuto musicale che, per assurdo, è stato dapprima portato alla sua più densa e cerebrale manifestazione prima di diluirsi in un battito d’ali.
La musica, anche quella d’uso, fino a pochi anni fa aveva alcuni canoni cui non contravveniva, tra i quali forse il più importante, talvolta assolto inconsciamente, la coerenza armonica. Sia chiaro, non si sta qui dicendo che tutta la musica dagli albori a oggi era legata alle relazioni dell’armonia funzionale, ma è evidente che la musica abbia risposto a esigenze acustiche che oggi vengono disattese a favore di una pretesa semplicità d’ascolto. Questa è una presunta necessità della società moderna che inconsciamente si dichiara sempre più incapace di gestire anche la più semplice architettura sonora. Ciò è disperante e lascia aperta la domanda su quale futuro possa avere l’eredità sonora dei secoli passati, votati invece alla creazione e allo sviluppo delle trame sonore più dense.
La modernità oggi è votata alla semplicità pseudonaïf celata dietro la scusa dell’importanza testuale, anche questa gestita in maniera sempre meno poetica (ignorando le più basilari nozioni di metrica). Ciò porta inevitabilmente a un impoverimento del testo musicale, malcelato banalmente come facilitazione all’ascolto. Il futuro, quindi, non è roseo per la scrittura musicale. Nei conservatorî ancora ci sono giovani che aspirano, giustamente, a un futuro armonico che, tuttavia, oggi appare assai lontano. Che non si confonda, però, questo allarme con un animoso panegirico, una lamentazione sulla decadenza dei tempi. È ora, invece, di prender coscienza del fatto che una volta scappati i proverbiali buoi sia inutile chiudere la stalla. Cosa rimane, quindi, non è chiaro. Quale sarà il ruolo della musica in futuro è incerto, ma le nubi all’orizzonte sono grigie e sempre più vicine.

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