
Varcare la soglia di un teatro per poter ascoltare un paio di ore di musica è un piacere che si è dato per scontato per troppo tempo. C’è voluta una piaga sanitaria di proporzioni bibliche per dimostrare quanto importante sia la diffusione dello spettacolo dal vivo e quanto questo sia ben più formativo per la ψυχή dell’essere umano rispetto alla fruizione davanti a uno schermo. È, perciò, un ottimo segnale che le stagioni, dalle più importanti alle meno note, si siano riattivate con programmazioni di spessore. Tra queste non poteva mancare Ravenna Musica, rassegna organizzata dall’Associazione Angelo Mariani in seno al Teatro Alighieri di Ravenna e giunta ormai all’edizione 2023.
L’apertura di questa serie di interessanti appuntamenti, giovedì 9 febbraio, è stata affidata alle note di giganti della musica, niente meno che Wolfgang Amadeus Mozart e Felix Mendelssohn-Bartholdy che, grazie alle loro sinfonie, hanno riportato la perfezione delle loro architetture sonore all’interno del teatro romagnolo.
La serata si è, chiaramente, svolta secondo i canoni classici delle inaugurazioni, così il direttore artistico dell’associazione, Romano Valentini, si è prodigato in un elegante prolusione prima di cedere la parola all’Orchestra Filarmonica Italiana che ha stupito tutta la sala per l’equilibrio sonoro. In particolare, è stato davvero notevole come il “battito cardiaco” creato dai delicati meccanismi dei violini secondi e delle viole vivesse di una sua perfetta sincronia, nella quale nessuna traccia di fibrillazione appariva.
Chi guidava questa macchina sonora era Nicola Valentini, direttore già apprezzato in altre edizioni della rassegna, che sta confermando con la sua carriera le buone premesse degli anni passati. La sua mano era evidente in ogni nota, nessuna, infatti, era lasciata al caso, ma aveva una sua logica all’interno del discorso sonoro. Dinamiche interne, direzioni, piani sonori estremi, ma non esasperati, tutto denotava un equilibrio che, se per la Sinfonia n. 40 di Mozart era doveroso, per la Sinfonia n.4 “Italiana” di Mendelssohn restituiva un sapore verace di un romanticismo di inizio Ottocento non così muscolare come l’hanno dipinto fino a pochi anni fa. C’è, poi, da dire che è bello vedere direttori relativamente giovani che non hanno bisogno di agitare arti a guisa di pala eolica per il solo gusto di mettere in mostra la propria prestanza fisica, ma che usano una gestualità concreta non solo per essere metronomi, ma per comunicare ciò che richiedono all’orchestra.
Facendo le somme, l’orchestra era assai piacevole grazie anche al lavoro del direttore, il programma era, ça va sans dire, stupendo, quindi chi non era presente si è perso un bel concerto, ma non solo, ha perso un occasione per formare e perfezionare l’idea di bello.