“Interrogatorio a Maria”, interessante sfida per una nuova retorica musicale

Interrogatorio Maria Part 2

Pubblicato nel 1979, Interrogatorio a Maria di Giovanni Testori è uno dei drammi che compongono la cosiddetta trilogia degli oratori. Proprio l’oratorio fu un genere che, senza rappresentazione scenica, mirava a raccontare un particolare avvenimento che poteva essere d’origine biblica (e in questo caso si parla di oratorio sacro), o trattare di argomenti storico-mitologici (profano).
La parola oratorio, però, nell’immaginario comune, oramai non è più legata a un contesto musicale, bensì si è trasformata in quello che si può definire come luogo di accoglienza per i giovani. In questa accezione l’oratorio fu ampiamente utilizzato in primis da san Giovanni Bosco, e in seguito da altri movimenti cattolici che a questi si rivolgevano. Nacque da questi presupposti Gioventù Studentesca che, sul finire degli anni Sessanta del Novecento assunse il nome di Comunione e Liberazione, guidata dallo storico fondatore don Luigi Giussani.

Proprio al presbitero si avvicinò Giovanni Testori, intellettuale a tutto tondo più che solo scrittore, il quale si trovò a vibrare in armonia con il fondatore del movimento. Interrogatorio a Maria è uno dei primi lavori testoriani nati dopo quel felice incontro. In esso si palesa il disegno, nato in seno al Concilio Vaticano II, secondo il quale la mente della Chiesa si deve volgere verso la direzione antropocentrica della cultura moderna senza, però, avellerla dalla religiosità più pura. In quest’ottica il testo, non ispiratissimo al pari di altre opere del drammaturgo, delinea una figura mariana molto umana e, forse proprio per questa sua caratteristica, «eletta fra le spose e le vergini», capace di risaltare tra le turbe.

Questa idea è certamente presente nella musica che Danilo Comitini si è divertito a comporre per il Ravenna Festival che ha riservato alla prima esecuzione di questa sacra rappresentazione ben sei vespri all’interno della meravigliosa cornice di San Vitale. Ed è sicuramente grazie al luogo di esecuzione che il compositore ha preso spunto, giocando con lo spazio e le risonanze che in esso si possono creare. La partitura, di grandissima pulizia, esalta la forma ripresentando quel “maledetto” intervallo di seconda, così difficile da digerire per l’orecchio, ma così potentemente evocativo della distanza, piccola, ma determinante, tra la Vergine e la moltitudine. Ovviamente, tra fischi e clangori, tra soffi e cluster, ogni tanto si palesa qualche accordo consonante, approdo sicuro per l’orecchio, ma anche, e soprattutto, momento retorico di grande potenza.

Il 21 giugno, seconda rappresentazione della storia, ha colpito l’incredibile perizia del coro Ecce Novum diretto da Silvia Biasini, che, a dispetto delle grandi sfide poste e dalla partitura e dalla dislocazione spaziale degli interpreti, ha portato il pubblico (poco, purtroppo) all’interno dell’azione.

Bisogna davvero ammirare la grandissima perizia dell’interprete di Maria, il mezzosoprano Daniela Pini. Se, certo, non è una sorpresa la sua bravura, è comunque davvero notevole l’esecuzione che regala. A dispetto della difficoltà del brano, la voce della cantante è sempre chiara, puntuale e riesce a dispensare un fraseggio da tramandare ai posteri. Come si dice in questi casi, chapeau!

Molto interessante la trama sonora che LaCorelli Ensemble riesce a cucire. I tre archi si muovono all’unisono sopra i quali arpa e percussioni, insieme alla tromba dell’ottimo Matteo Fiumara, riescono a colorare atmosfere quasi “tintinnabulanti”. C’è da dire che tutto ciò, però, non sarebbe stato possibile senza il direttore Jacopo Rivani, la cui mano è evidente nella concertazione del brano che, invece, costringe la bacchetta ravennate, durante l’esecuzione a una funzione poco più che metronomica.

La musica contemporanea soffre, è vero, di paragoni con il passato che le altre epoche non hanno visto (o quasi). Mettere in musica un testo, cosa assai frequente nei secoli scorsi, oggi è vista quasi con diffidenza, tuttavia, è davvero una sfida interessante far nascere una retorica musicale nuova e al contempo capace di veicolare e valorizzare il messaggio della parola. È, certamente, un lavoro da intellettuali che, però hanno l’obbligo (morale se non altro) di tendere verso la comprensione universale. Anzi, in questo caso, cattolica.

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