Il tessuto sociale è in continua evoluzione e così quando si parla di storia ci si trova a dover immaginare realtà che, paragonate a quelle odierne, sembrano semplicemente impossibili. Ciò che, invece, risulta davvero difficile è che nella storia tutto rimanga uguale, immutato. E, infatti, ciò non accade. In musica ci sono alcuni momenti che segnano punti di non ritorno fondamentali per l’evoluzione della disciplina. Si pensi, per esempio, all’introduzione della scrittura musicale che affranca l’oralità dall’obbligo di tramandare la conoscenza, oppure si consideri la nascita del melodramma nella Firenze seicentesca che consegna un nuovo genere destinato a dominare la scena musicale ancora oggi. E proprio l’opera ha stravolto davvero la musica in modo così peculiare, assorbendo al suo interno tutte le caratteristiche che erano sperimentate al di fuori di essa, pur non tradendosi mai davvero e rimanendo fedele all’idea di raccontare una storia per mezzo di canto e recitazione miscelati in un felice connubio benedetto da una storia lunga più di quattrocento anni. Raccontare la storia dell’opera lirica è un’esplorazione a ritroso, un carotaggio del terreno musicale che permette di ritrovare i vari strati evolutivi dell’arte in quella linearità tipica del tempo nella sua percezione umana. Tra le varie sfumature ce n’è una che lascia sempre a bocca aperta i neofiti, non il valore culturale, non la rilevanza intellettuale, bensì il suo aspetto sociale. Sebbene oggi si sia davanti a una inevitabile fase di crisi di questa arte, soppiantata da altre più giovani, la musica, e in particolare il melodramma, sono stati per secoli il veicolo dell’espressione umana e anche se non si volesse rievocare qualcuno dei fasti a guida di esempio, basti pensare a quale fosse la funzione del teatro fino a buona parte dell’Ottocento: un groviglio di situazioni, dalla bisca al tinello, dalla sala da tè al budoir. Tutto ciò ormai non è che un ricordo e solo saltuariamente in teatro si assistono a piccoli echi di questi rigurgiti storici. Oggi lo spettatore a teatro, invece, si avvicina ormai a questo edificio e a ciò che in esso è rappresentato con lo stesso spirito col quale frequenta il museo, non considerando più viva l’arte che prende forma al suo interno e appiattendo così la fruizione soltanto sul piano dell’intrattenimento e spogliandola di un valore sociale della quale era intrisa fino dall’origine. Si apre dunque una nuova sfida, sarà interessante vedere se sarà vinta e se il teatro musicale sopravviverà ancora.
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