martedì
17 Giugno 2025

L’uniforme nelle orchestre, per non farsi distrare dalle sgarziglione…

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Orchestra Classica DonneL’uniforme. Questo simbolo indossabile, manifesto di appartenenza diffuso non solo nel mondo militare e sportivo ma anche nel mondo musicale, tutto dovrebbe essere tranne schiavo dell’apparenza. In realtà nell’arco del tempo si sono succeduti diversi modi di agghindarsi per l’esibizione sul palco, secondo i dettami della moda.

Tacendo dei costumi di scena, il focus è, invece, sul guardaroba delle orchestre che già nell’Ottocento erano vestite col frac (nero in seguito alla Restaurazione). Questo abbigliamento è rimasto tutt’ora in auge soprattutto per le “stabili”, ma nel corso della storia a questo capo, assai formale, si sono avvicendati altri vestiti, smoking su tutti, ma da molti anni a questa parte, la maggior parte delle orchestre suona con un semplice completo totalmente nero a cui si aggiunge la camicia bianca e una cravatta nera o, più spesso, colorata (anche se molto spesso non c’è accordo sui colori tra i musicisti).

Fin qui è abbastanza semplice dare un’idea di come vesta un’orchestra. Il problema si presenta quando dall’emisfero maschile si passa a quello femminile.
I Wiener Philharmoniker, forse anche per questo motivo estetico, ammisero tra le loro fila solo nel 1997 la prima donna, l’arpista Anna Lelkes. Se le diversità della moda maschile vertono tutte sul colore della cravatta e sulla foggia della giacca, quelle femminili aprono scenari di diseguaglianza vertiginosi.

È buona norma ricordare che, specialmente per i concerti in chiesa, sarebbe consigliabile indossare gonne rigorosamente sotto il ginocchio, che non guasterebbero anche a teatro, e che le spalle nude, per non parlare dell’enfatizzazione delle scollature, nulla aggiungono alla percezione acustica dello spettatore che anzi può essere distratto dalle prorompenti beltà di musiciste sgarziglione.
Spesso, poi, in estate si assiste a esecuzioni ossimoriche alle quali agli orchestrali in frac si alternano musiciste con bluse dalle maniche corte (o peggio), gettando anche lo sconcerto sulla reale temperatura percepita sul palcoscenico.

Va detto, infine, della moda imperante soprattutto nei gruppi di musica antica di riporre giacche e affini negli armadi e suonare in maniche di camicia, rigorosamente nera, tentando anche di uniformare le differenze di genere. Purtroppo molto spesso si assiste invece a una mostra della capacità delle lavatrici di stingere i capi scuri.

Chissà cosa riserverà la moda da palcoscenico del futuro, probabilmente la marsina non andrà in pensione, ma è auspicabile che gli esecutori escano da funerei schemi ormai bolsi e prendano contatto con una fruizione della musica più fresca e spontanea, figlia di un redivivo interesse per l’arte dei suoni.

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