martedì
24 Giugno 2025

Perchè Sanremo è Sanremo

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Qualche anno fa Enzo Biagi, intervistando Fabrizio De André, chiedeva se fosse utile il festival di Sanremo. Il cantautore rispondeva in maniera interessante argomentando che se fosse stato oggetto di competizione l’organo fonatorio, portando il tutto su un piano muscolare e sportivo, allora il cimento sarebbe stato giustificato, tuttavia, il musicista proseguiva dicendo che le sue esibizioni non avrebbero avuto questa declinazione, ma che avrebbero riguardato l’espressione dei sentimenti e, tuttalpiù, oggetto del concorso sarebbe potuta essere la tecnica con la quale questi venivano tradotti e veicolati.
Guardando la storia recente del Festival ci si può fare la stessa domanda che il giornalista propose, tuttavia è necessario capire l’oggetto cioè la domanda potrebbe essere cui prodest, a chi giova?
L’indiziata numero uno non può che essere l’industria musicale, fatta di vendite di dischi, passaggi in radio e fette di mercato. In definitiva tutto ciò che gira attorno al soldo non nel modo virtuoso del lavoro come sostentamento, ma in una spirale viziosa di commercio malato alimentato per auto alimentarsi e sfruttare la progressiva e drammatica perdita di senso critico della società nei confronti dell’arte.
Ciò è evidentemente suffragato anche da un’evidenza acustica che sottolinea sempre più la banalità quotidiana nella quale versa la musica oggi. Certo non ci si aspetta una coerenza formale o una sequenza armonica strutturata, tuttavia anche il trito giro di do svetterebbe come una guglia di un imponente duomo gotico se confrontato con la pochezza della media sanremese.
Incredibile pensare che in un paio di secoli scarsi la canzone italiana abbia completamente rinnegato le proprie radici, la propria cultura e stia svivacchiando in maniera amorfa su mode estere che, però, vengono mal replicate dal punto di vista artistico.
C’è poi ciò che oggi è sentito come il vertice della musica, il testo letterario. E qui nasce il paradosso, perché il testo non è assolutamente la componente fondamentale della musica. Esso può, tuttalpiù, fornire il senso per effetti che a questo si legano (come i madrigalismi per esempio), ma non si sostituisce per importanza al testo musicale che, di regola, viene invece bellamente ignorato.
Che il commercio musicale sia necessario al sostentamento dei musicisti è un fatto oggettivo, giusto e sacrosanto. Che il commercio musicale abbia preso il sopravvento sulla componente artistica e l’abbia brutalizzata appiattendola sulle facoltà più istintuali che intellettuali è demoralizzante per il futuro dell’arte.

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