giovedì
26 Giugno 2025

Quando il Papa si erge in difesa della musica sacra

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Un signore, qualche giorno fa, all’interno di un discorso più ampio, ha fatto questa bella puntualizzazione: «La polifonia stessa, del resto, è una forma musicale carica di significato per la preghiera e per la vita cristiana. Prima di tutto, infatti, essa si ispira al Testo sacro, che si propone di “rivestire con acconcia melodia” perché giunga meglio “all’intelligenza dei fedeli”. Per di più, realizza tale scopo affidando le parole a più voci, che le ripetono ciascuna in modo proprio e originale, con movimenti melodici e armonici varî e complementari. Infine, armonizza il tutto grazie alla perizia con cui il compositore sviluppa e intreccia le melodie, nel rispetto delle regole del contrappunto, rendendole le une eco delle altre, a volte creando anche dissonanze, che poi trovano risoluzione in nuovi accordi».

Sebbene sembri il discorso di un musicista o di un musicologo (e forse lo è, dato che chi ha proferito le parole stava leggendo e non andava a braccio), questo ragionamento è stato esposto da una figura di rilievo mondiale, niente meno che Leone XIV. Ciò che il Papa ha detto ha una potenza disarmante e riporta la musica alla sua dignità all’interno del contesto sacro che, invece, grazie ad aperture popolari post-sessantottine (e post-conciliari), era andata perduta tra chitarre e tamburelli. Proprio questo strizzar l’occhio alla rivoluzione pop andava a detrimento del messaggio musicale, sottovalutato rispetto a quello testuale, attuando, nei fatti, anche una sorta di captatio benevolentiæ quasi volta a ingolosire con un aspetto meno austero “nuove fette di mercato”.

Negli ultimi cinquant’anni (e più) solo nella parentesi dal 2005 al 2013 la musica ha potuto respirare questo profumo, rimanendo serva di una falange armata di ultras del cantautorato in cui a testi di discreto spessore si accompagnano melodie e armonie banali e superficiali, inadatte a esprimere la grandissima profondità del messaggio cristiano di cui si fanno veicolo: il giro di do va bene per il falò di Ferragosto, per il significato che ha il profumo dell’incenso non basta. C’è da sperare che la giovane età di Leone XIV lasci presagire un interessante periodo nel quale, finalmente, la musica sacra ritorni a essere parte integrante del rito e non un blando momento sanremese tra un Kyrie e una Transustansazione.

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