Quartetto Delfico, un bel saggio della democrazia in musica

Quartetto Delfico

Quartetto Delfico (foto Thilini Gamalath)

Bizzarra formazione il quartetto d’archi: unica vera espressione della democrazia in musica. Un saggio di questa declinazione sonora ci è stato offerto venerdì 26 gennaio nell’ambito della rassegna “Libera la musica” organizzata da Accademia Bizantina nella bella cornice del teatro Goldoni di Bagnacavallo. Protagonisti dello spettacolo sono stati i membri del quartetto Delfico: questo gruppo d’interpreti, ormai membri stabili di orchestre storicamente informate tra le più prestigiose d’Europa, ha stupito l’attentissimo pubblico (sempre troppo scarso in queste circostanze) accorso per ascoltare una delle assai rare formazioni quartettistiche che si cimentano nella pratica della letteratura musicale, strizzando l’occhio alla filologia dell’esecuzione.

Il repertorio della serata profumava internazionalità, a partire dal bel Quartetto dell’assai poco noto Charles Louis Hanssens, nel quale il romantico compositore belga dimostra di aver compreso ed assimilato a fondo la lezione beethoveniana (a partire dalla scelta della tonalità, do minore, tanto cara al genio di Bonn). In quest’opera la democrazia era totale, con una distribuzione d’importanza sapientemente valorizzata dal bravo quartetto che dava prova di una coesione d’intenti e una capacità associativa sublime, rendendo appieno le sonorità romantiche della composizione.

Ben altra pasta dimostrava il secondo brano in programma, il Quartetto 17 di Gaetano Donizetti. L’origine italiana del compositore era garanzia di cantabilità, che il quartetto Delfico riusciva a sottolineare anche grazie ad una buona lettura dell’architettura contrappuntistica del brano, figlia degli anni che il compositore bergamasco passò a studiare sotto l’ala di Johann Simon Mayr, approfondendo lo studio dei classici. Quello che stupiva grandemente di questa bella esecuzione era sicuramente la capacità dei quattro di ottenere dei pianissimi estremi e di grande dolcezza.

Prima dell’ultimo brano, il valente quartetto si è prodigato anche in un breve episodio di manovalanza (non poteva farlo nessun altro?) per permettere agli intrusi, Ida Febbraio e Daniele Rosi rispettivamente impegnati al flauto ed al contrabbasso, di prendere parte all’esecuzione della trascrizione di Johann Peter Salomon della Sinfonia 104 di Franz Joseph Haydn. Sebbene la versione originale dimostri il suo pieno compimento, questa trascrizione storica è testimone dell’uso salottiero della musica nel Romanticismo e la sua valorizzazione da parte del gruppo di valenti musicisti si può definire certamente riuscita.

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