Il Quartetto Echos al chiostro della Classense, momento di aggregazione per il pensiero

In una serata estiva ravennate, tra le frasche del chiostro della biblioteca Classense, può accadere di assistere alla metamorfosi di questo riparato luogo in un intimo tinello casalingo. Certamente è questa un’iperbole, tuttavia lo spirito programmatico che ha animato il concerto che ha visto, l’1 luglio, come protagonisti i giovani (e bravi) componenti del Quartetto Echos all’interno del XXX Ravenna Festival aveva come intento quello di recuperate un’intimità figlia della genesi stessa dei brani eseguiti. Sotto questa lente non appare così distante, per non dir fuori luogo, l’avvicinamento di compositori così lontani quali Mozart e Janaček, ma, anzi, la dimensione interiore acquista qui una valenza davvero umana e universale.

I quattro giovani musicisti, insigniti del premio Avviati “Piero Farulli” 2017 hanno offerto una lettura esemplare del denso Langsamer Satz für Streichquartett M.78 del mai troppo compianto Anton Webern. In questo brano, apertura della serata,  il quartetto ha impressionato per la grande coesione d’intenti e la perfetta sincronia di gesti e pensieri. Notevole anche l’esecuzione del Quartetto n.2 “Lettre intimes” di Leóš Janaček che ha messo in luce le qualità tecniche dei musicisti insieme alla loro sapienza nella gestione dei timbri. In linea con la tradizione, invece, la lettura del celeberrimo Quartetto in do maggiore detto “delle dissonanze” KV 465 di Wolfgang Amadeus Mozart, con qualche gesto enfatico di troppo, ma con una grande coerenza interna.

Questo genere di spettacoli è proprio ciò di cui la società moderna dovrebbe approfittare, momenti di aggregazione per il pensiero, sempre più rari, soppiantati oramai da pure manifestazioni di epidermiche impressioni artistiche.

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