sabato
21 Giugno 2025

Scuole a indirizzo musicale, passi avanti ma molto da fare

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Quattro ragazzi ravennati, dopo aver studiato sassofono alla scuola secondaria di primo grado a indirizzo musicale, sono entrati nella banda cittadina. È una notizia? Decisamente sì, una notizia che fa ben sperare e che getta una luce interessante sulla questione musicale. Andiamo con ordine. Di grandissimo interesse è il fatto che i ragazzi si iscrivano agli indirizzi musicali delle scuole medie tanto che sarebbe quasi logico che il ministero desse l’opportunità a tutti i ragazzi di imparare uno strumento (uno strumento qualsiasi, non esistono strumenti belli o brutti, ma solo strumenti che suonano) rendendo, di fatto, tutte le scuole medie, scuole a indirizzo musicale in modo che la totalità intera degli studenti abbia l’opportunità di mettere le mani per ben tre anni su uno strumento. Ovviamente è un’utopia dolceamara, tuttavia si risolverebbero almeno un paio di problemi in una volta sola, quello dell’impiego dei musicisti che vengono continuamente sfornati dai conservatori e che sono quasi completamente privi di sbocchi occupazionali (tantissimi infatti si buttano tra le braccia del sostegno scolastico) e lo sviluppo di una sensibilità più alta verso la forma di arte tra tutte più trascurata e bistrattata, ovviamente la musica. La recente entrata dei quattro ragazzi nella banda cittadina, in secondo luogo, dimostra che la formazione musicale all’interno di una scuola media a indirizzo musicale è migliore di quella che si crede, anzi.

I ragazzi che escono da questi istituti, dopo tre anni di strumento, è evidente che non lo sappiano padroneggiare come dopo 10 anni di conservatorio, ma sono benissimo in grado di avere quei requisiti minimi richiesti per potersi godere appieno l’esperienza del suonare insieme ad altre persone, vertice massimo dell’esperienza musicale. C’è un terzo punto che va affrontato ed è la nota dolente perché se fa notizia il fatto che i ragazzi si esibiscano e suonino insieme dopo aver studiato per tre anni lo strumento, ci fa capire quanto questo evento sia, purtroppo, eccezionale e non comune. Questo ci evidenzia quanto, in realtà, la pratica musicale si stia allontanando dalla quotidianità delle persone. È incredibile come la riproducibilità dell’opera d’arte in questo campo abbia pian piano tarpato le ali alla pratica, anche senza pretese, dei dilettanti che, come suggerisce l’etimo della parola, suona(va)no per diletto (proprio e altrui). La ruvida domanda che, quindi, la questione ci lascia è: la musica è ancora capace di dilettarci?

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