Teatro chiuso: Lugo non merita l’onta di stagioni di paccottiglia

Teatro Rossini LugoQual è la funzione che un teatro abbia in una città, per gli addetti ai lavori è abbastanza chiaro: occupazione. Per chi va, invece, ad assistere agli spettacoli rappresentati all’interno di questa costruzione, il teatro assume la funzione di contenitore. Diventa, però, non una banale scatola, ma una pentola nella quale vengono aggiunti ingredienti per una pietanza squisita, non adatta alla pancia, ma al cervello. Quindi è giusto, lecito e vero che il teatro sia il più grande nutrimento sociale per le idee.

E a Lugo il teatro è chiuso. Beninteso, la ristrutturazione non è oggetto di discussione, ma i modi con cui questa chiusura è stata propinata alla cittadinanza hanno del paradossale. Già nel febbraio scorso si era ipotizzata una chiusura forzata del teatro Rossini per un periodo assai più lungo dei sei mesi preventivati, cosa poi paventata, non senza timore, dal direttore artistico del teatro e vice-presidente della Fondazione Domenico Randi, tuttavia dal Comune non traspirava nessuna idea di come si potesse superare la situazione (probabilmente anche in virtù del fatto che certa parte della diatriba politica per le amministrative vertesse proprio sul nodo cultura).

È, invece, notizia recente che, dopo l’annuncio ufficiale di Randi secondo cui salteranno tutte le stagioni 2019/2020, siano intervenute le titolari degli assessorati alla Cultura e al Patrimonio, Anna Giulia Gallegati e Veronica Valmori, per esprimere il loro rammarico e la volontà di cercare soluzioni alternative.
In ciò, però, le politiche signore, oltre a una scarsa tempistica, dimostrano scarsa conoscenza delle macchine organizzative culturali giacché per poter programmare una stagione o più, visto che di prosa, musica e danza si sta parlando, servono in principio i finanziamenti che, come affermava sempre il direttore artistico del Rossini già ad aprile, sono insufficienti.
Vi è, inoltre, un’altra necessità tutt’altro che secondaria, il tempo. I migliori artisti programmano i loro impegni se non con anni, almeno con 10/12 mesi d’anticipo.
Muoversi ora per strutturare stagioni che saranno proposte al pubblico almeno in primavera espone al rischio di “comprare” spettacoli che nella migliore delle ipotesi si ergono di poco dal dilettantismo. Nella peggiore sprofondano nella più pleonastica paccottiglia.

Vista la nobile tradizione, il numeroso seguito e l’amore della cittadinanza per lo spettacolo culturale, Lugo non merita questa grandissima e incancellabile onta.

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