Il nero è un colore speciale, dato dalla sottrazione di tutti i colori dello spettro visibile. Detto banalmente, quindi, è il prodotto dell’assenza di colore. Assenza che, nel lessico mondano concerne all’area semantica della negatività. In questo contesto, quindi, questo colore viene associato, come aggettivo, a sostantivi che, così, assumono un significato tutto tranne che positivo: basti pensare al famoso lunedì nero che sconvolse le borse nel 1987.
Alla luce di ciò, dunque, il tanto amato Black Friday, atteso da milioni di americani (e ultimamente anche dagli europei) dovrebbe essere un giorno drammatico, invece così non è. Esso, infatti, è il giorno successivo al Ringraziamento, celebrazione di gratitudine per le messi e la benevolenza della divinità nell’anno passato. Il venerdì nero, quindi, non è un giorno di disgrazia, bensì apre la stagione delle spese natalizie. Quest’anno il caso vuole che coincida con uno dei giorni più sentiti dai musicisti, il giorno di Santa Cecilia, patrona della musica. Se, quindi, questo giorno deve essere “consacrato” alla ricerca del regalo, si permetta qui in questa sede di indulgere in un breve messaggio promozionale.
Comprate strumenti musicali. Non sapete suonarli? Meglio!
La musica oggi non è in salute come le etichette discografiche e le radio ci vogliono far credere. La musica soffre un abbattimento (ancor più che appiattimento) culturale notevolissimo, nuovo nella storia della musica e dovuto in gran parte alla globalizzazione che permette una diffusione capillare della cultura dominante. La cultura non è fatta di una sola visione, ma di molteplici colori che si combinano insieme per sintesi additiva, creando l’immagine luminosa, non sottrattiva, creando il buio.
Oggi ciò che davvero manca è il dilettantismo. Non quello di coloro che sono presenti con le loro vuote carole negli altoparlanti delle radio, ma quello delle persone comuni che, per diletto, si “sporcano” con le note e che si cimentano con le idee di Bach, Mozart o, anche, i Led Zeppelin o i Queen.
Oggi più che mai c’è bisogno di ritrovare il gusto di fare musica per sé stessi, per indagare quest’arte e, perché no, noi stessi, sviluppando orecchio e pazienza nello stesso tempo, approfondendo la conoscenza dello strumento e della nostra mente.
Oggi è prioritario recuperare la musica attiva, sempre più abbandonata in favore di ascolti passivi, per riconquistare, in definitiva, l’umanità dell’umanità.