Uto Ughi vs Maneskin: tutta la musica è arte?

 

ManeskinUto Ughi strikes back, parafrasando il titolo di un noto film fantascientico. Sì, il celebre violinista ci è caduto di nuovo e, dopo gli attacchi di qualche anno fa a Giovanni Allevi, il bersaglio degli strali del bustocco sono diventati oggi i ragazzi del complesso musicale noto come Måneskin. In buona sostanza il musicista lombardo critica il gruppo romano non considerando il loro lavoro come arte, anzi, affermando che essi siano «un insulto alla cultura e all’arte».

Non si analizzerà qui la discografia dei quattro giovani musicisti, ma è giusto chiedersi se tutta la musica sia arte oppure ci siano delle eccezioni.

Risposta facile: tutta la musica è arte.

Risposta difficile: la musica è arte in quanto essa persegue ideali precipui procedendo su regole predeterminate a priori. Anche infrangendo (consapevolmente) queste regole. Due esempi limite di questo discorso possono essere le fughe scritte da Bach e il celebre 4’ 33’’ di Cage. Si passa dall’architettura più complessa e articolata al silenzio più imponente mai scritto. Perché, quindi, non si può considerare arte anche la schitarrata e l’urletto se essi vivono in un contesto regolamentato nel quale sono ammessi (o proscritti) e sono funzionali all’espressione retorica? Le vituperate quinte parallele erano comunque praticate nei tempi passati, così come si usava il tritono.

Forse si può considerare l’uscita di Ughi come la bordata di una vecchia gloria per avere un rilancio d’immagine. Emerge come il violinista abbia un concetto d’arte forgiato sulla propria esperienza personale e che non considera arte nulla al di fuori di questo orizzonte, tuttavia, è proprio lo scavalcare questi limes che permise alla storia della musica di evolversi e produrre il patrimonio col quale ci accarezziamo i timpani.

C’è, però, una chiosa che il maestro aggiunge sulla quale si deve essere d’accordo: Ughi afferma che «nelle scuole ci sia una grave carenza per l’istruzione musicale dei giovani». Indubbiamente vero. L’insegnamento della musica è lasciato a veri musicisti solo nelle tre classi delle medie, dove ancora il flauto dolce viene svilito fin dalla prima nota emessa. Per non parlare dei programmi all’acqua di rose che obbligano i docenti a dare un’infarinatura di tremila anni di storia in una manciata di ore. Sarebbe auspicabile, invece, l’introduzione della storia della musica nelle scuole superiori, proprio come avviene con la storia dell’arte, in modo da educare l’orecchio e, soprattutto, la mente.

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