In uno dei suoi ultimi e imprescindibili libri (nello specifico Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij) Paolo Nori inventa una parola, “ritrosogna”, unione di ritrosia e vergogna. Io, che chissà chi mi credo di essere per parlare di certi vini ma lasciamo stare, gliela prendo allora a prestito per affrontare il Golem di oggi, ovvero l’immenso Barbaresco Docg “Martinenga” 2016 di Marchesi di Grésy.
Di fronte a una bottiglia così, ieratica fin dall’etichetta, bisognerebbe solo starsene zitti (come sicuramente concorderebbe Wittgenstein) e ringraziare i propri dei per avercela di fronte. La 2016 è un’annata eccezionale per il Nebbiolo, e questo Barbaresco la traduce in pieno, ci fa capire tutto, anche robe che non c’entrano nulla con le Langhe, no no, proprio il senso della vita. Il naso, molto aromatico, è bellissimo. Balsamico, c’è della violetta, della rosa canina, sentori medicinali. Al palato è pura eleganza, morbido ma di grande struttura, un tannino vigoroso ma vellutato (che sembra una contraddizione ma non saprei come altro spiegarlo) che garantisce una tenuta lunghissima. La persistenza non ne parliamo nemmeno dai, una volta arrivati qui cosa potrà mai andare storto. Unico appunto possibile, il collasso della mia carta di credito.