Dopo l’estenuante lettura della trilogia dei moschettieri di Alexandre Dumas (per giunta in versione integrale), posso senza timore di smentita affermare che D’Artagnan e soci sono proprio una banda di sfighè (arroganti, superficiali, gratuitamente violenti, spesso ottusi, insomma insopportabili). Tuttavia è stato interessante rendersi conto come, già nel ’600, i vini di Borgogna fossero citati continuamente come esempio di eccellenza. Ed è lì che sto andando a parare. Ma non vi voglio tediare con la Borgogna dei Grand Cru da 800 euro a boccia, figuriamoci, oggi si parla di un vino selvatico e anticonformista (e che ti porti a casa con poco più di trenta denari), il Bourgogne Aoc “Orga(ni)sme Culturel” 2022.
Il pinot nero è tra i miei vitigni preferiti – e in Borgogna trova condizioni leggendarie – e quello che Benoit Delorme produce in Cote Chalonnaise fa letteralmente resuscitare i morti (è proprio di pochi giorni fa l’avvista- mento di alcuni zombi dalle parti di Beaune). E, indovina un po, è totalmente artigianale. Appena si impossessa del calice, l’Orga(ni)sme ti schiaffeggia con il frutto e la potenza del pinot, ma poi in bocca è una roba da non crederci, una qualità superiore, snello ma muscoloso, la freschezza della Cote che esce stra- fottente, la persistenza che ti stende. Vive la Bourgogne, mon dieu!