Il culto di Bruce Springersten

Bruce SpringsteenRicordo benissimo il momento in cui Bruce Springersten è entrato nella mia vita. Era un pomeriggio imprecisato del 1985, io avevo sette anni e stavo giocando a pallone col mio amico Marcello. Marcello era il tipo carismatico della nostra cricca di amici: era più alto, giocava bene a pallone e piaceva alla Federica. Questo gli dava un sacco di autorità su tantissime questioni che a sette anni si considerano periferiche: politica, moda, taglio di capelli e tutta quella roba.

Insomma quel pomeriggio mentre giocavamo mi chiese, secco, se preferivo i Duran Duran o Bruce Springersten. Immagino che se avessi avuto dieci anni in più avrei passato la successiva ora e mezzo ad argomentare i miei pareri per filo e per segno, ma a quei tempi la mia conoscenza musicale era piuttosto limitata. Avevo idea che esistesse un gruppo di nome Duran Duran e che facesse più o meno quella musica lì, mentre non sapevo assolutamente nulla di questo Springersten. Non è facile ammettere la propria ignoranza musicale, così mi buttai e dissi Duran Duran. Lui non era d’accordo. Mi disse che lui preferiva Bruce Springersten. Mi disse che i fan dei Duran Duran andavano in giro a dire che Bruce Springersten si era montato la testa, perché andava a fare il concerto a San Sciro.

A quasi 35 anni di distanza non mi colpiscono tanto le perdonabili inesattezze nella pronuncia dei nomi, quanto il fatto che a 40 anni suonati continuo ad avere discussioni musicali incentrate sugli stessi identici argomenti: il confronto secco tra popstar, la dimensione economica della musica e tutte quelle cose.

Bruce Springsteen The Stories Behind The Songs Cleared Publicity Image E1553522988771Uno dei principali valori che la google culture ha reso obsoleti è la difficoltà di ricostruire una storia compiuta da poche informazioni probabilmente inesatte. Una volta qualcuno capitò su un mio blog cercando “REM LUCY MAY RELIGION” su un motore di ricerca, per dire. Dal 1985 ad oggi, in ogni caso, sono riuscito a ricostruire a grandissime linee la carriera e l’opera di Bruce Springersten, che da lì in poi non mi ha più mollato.

Le prime informazioni in materia me le diede, quello stesso pomeriggio, mio fratello, che mi fece ascoltare in cassetta una canzone che passava spessissimo alla radio in quel periodo (nel mio inglese dell’epoca credevo che nel ritornello dicesse una cosa tipo “born in the you want say”). Anche lui, tra i due, preferiva Springersten.

Negli anni successivi ho aggiunto qualche informazione abbastanza importante per disegnare un identikit plausibile dell’artista, niente di troppo approfondito. Ho scoperto che è l’artista preferito di chi ascolta la musica in macchina. Ho scoperto che è probabilmente l’artista più importante della storia se si giudica la musica sulla base del grado di immedesimazione di chi l’ascolta (vale a dire gli artisti dei quali, se sei un fan, si vede a occhio nudo: come ti vesti, il fatto che ne parli, il modo in cui sei agitato nelle settimane prima del concerto).

Ho scoperto che esiste un seguito nutrito all’interno della cerchia di ascoltatori di cui faccio parte, e che il disco di riferimento per questa cerchia è un album del 1982 intitolato Nebraska. Bruce Springersten, all’apice del successo, registrò i provini delle canzoni in casa, da solo, con un 4 tracce. Poi registrò il disco con la E-Street Band, ma decise che i provini erano superiori e convinse l’etichetta a pubblicarli come versione definitiva dell’album. Ci sono canzoni scheletriche e pesantissime influenze dei Suicide lungo tutto il disco. Ho scoperto che, al netto di tutte le simpatie e antipatie che una persona possa provare per i cliché da bifolchi all-american rejects su cui, nel bene o nel male, è basata una cospicua parte del culto di Bruce Springersten, Nebraska è un disco che mi porterei nell’isola deserta.

Ho scoperto che esiste un Bruce Springersten “politico”, il cui impegno va molto oltre qualche occasionale concerto a sostegno di cause generiche – e che in certi anni s’è quasi accollato in prima persona un bisogno d’essere adulto che il suo paese sembrava non avere affatto.

Ho scoperto che esiste un Bruce Springersten acustico al di là di Nebraska che registra dischi chitarra-e-voce nuovi di zecca e si esibisce in versioni chitarra-e-voce dei suoi pezzi elettrici, in contesti più raccolti (per quanto possano essere raccolti i contesti in cui suona Bruce Springersten).

Ho scoperto che la E-Street Band esiste in un rapporto simbiotico con Bruce Springersten che non ha corrispondenti, a livello di interdipendenza, nella storia della musica.

Ho scoperto che esiste un esercito di fanatici terminali di certe fasi della sua carriera che non hanno incontrato il favore del grande pubblico. Ho scoperto che i suoi concerti sono sedute di terapia collettiva capaci di provocare visioni d’estasi mistica in quasi tutte le persone, e possono tranquillamente allungarsi fino a quattro-cinque ore di musica suonata.

Ho scoperto che “Thunder Road” è la canzone preferita di Nick Hornby, che ne scrisse in apertura ad un libro intitolato 31 Canzoni e ne diede un resoconto così convincente ed esaltante da convincermi, o aiutarmi a convincermi, a scavare nella produzione di Bruce Springersten molto più a fondo di quanto avevo fatto prima di leggere quel libro.

Ho scoperto persino che vale la pena di scavare con più attenzione nella discografia dei Duran Duran.

Ho scoperto Springersten on Broadway, un monologo teatrale di bellezza clamorosa in cui Bruce Springersten ripercorre a ritroso la sua storia e quella del suo paese, dalla sua nascita a oggi.

Ho scoperto che il nome giusto di quello stadio è San Siro, che il ritornello di quella canzone in realtà dice “Born in the USA” e che il nome giusto di quel cantante è Bruce Springsteen – l’ho scoperto quello stesso pomeriggio del 1985, in effetti. Ma in fondo alla mia testa continua a risuonare la vocina di Marcello, fan terminale di Bruce Springersten infastidito da chi pensa che il suo idolo si sia montato la testa, e io non mi sono mai convinto fino in fondo a chiamare questo povero cristo col suo nome di battesimo.

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