L’anti-playlist del 2017: i dischi che non dovrebbero essere tra quelli dell’anno

Kendrick Lamar

Kendrick Lamar, uno dei protagonisti del 2017 musicale in campo internazionale, sul palco del festival Coachella

I dischi che ho preferito quest’anno: Arca, Jlin, Fever Ray, Edda, The New Year, Mt. Eerie, Mark Kozelek, Ninos Du Brasil, Run The Jewels. L’articolo voleva essere una spiegazione del perché ho messo in elenco questi dischi e non altri, ma ci ho provato e non ne è uscito niente di buono.

Quindi ho deciso di spulciare le playlist internazionali uscite fino ad ora, e fare un elenco di alcuni dischi che compaiono insistentemente e secondo me non dovrebbero esserci. Essendo una lista di cosiddetti “dischi dell’anno” contiene roba che almeno in parte – o almeno da qualcuno – può essere considerata bella o bellissima, e nel caso ci tengo a precisare che tutto quel che succede in questa pagina è frutto di opinioni personali spesso stupide – non quanto pensare che i QOTSA abbiano fatto il disco dell’anno, ma comunque stupide.

LCD SOUNDSYSTEM – AMERICAN DREAM

LCDNon voglio dire che James Murphy non sia simpatico, o che non ci creda. È che tutta la questione LCD Soundsystem poteva tranquillamente essere derubricata al primo singolo (“Losing My Edge”) senza sortire alcun impatto sui destini della musica popolare. Poi le cose sembrano essere andate in modo diverso, loro si sono trasformati in un gruppo da stadio, si sono sciolti, hanno fatto i famosi concerti d’addio e il documentario e tutto il resto, e poi si sono riuniti – a 4 o 5 anni dallo split perché adesso non è che si può tergiversare più di tanto tra scioglimento e reunion. Il disco nuovo, accolto come un mezzo miracolo, non aggiunge poi molto alla loro discografia, la quale già di per sé a parer mio conteneva almeno un titolo di troppo. Alla fine tutto fa brodo, in ogni caso.

TAYLOR SWIFT – REPUTATION

Taylor SwiftAbbiamo questa specie di irrisolto per il pop, lo abbiamo snobbato per 30 anni e ora dobbiamo trovargli un posto nelle classifiche di fine anno. Ma l’anno scorso il disco pop più presente nelle classifiche di fine anno (ANTI di Rihanna) era oggettivamente un capolavoro totale, quest’anno il più probabile candidato è il disco di Taylor Swift, di cui musicalmente non so nulla: ho deciso di non ascoltarlo. In pratica Taylor ha annunciato la politica per l’acquisto dei biglietti del prossimo tour, in cui verrà data la precedenza a chi dimostra di aver comprato copie fisiche del disco (massimo 13 a testa) e altri pezzi di merchandise. Il che suppongo dovrebbe venire prima della qualità del disco in sé e per sé.

QUEENS OF THE STONE AGE – VILLAINS

Queens Il principale pregio dei QOTSA da R in poi è che trascendono le categorie: si sono smarcati dal giro stoner rock e da allora esistono in un pianeta alternativo a tutto il resto, senza troppi saliscendi umorali. In altre parole, in un mercato dominato dagli hype e dagli umori del momento, sono una sicurezza. Il problema è che le loro quotazioni artistiche sono in caduta libera da circa 15 anni (io ci metto anche Songs For The Deaf, se non siete d’accordo lo capisco, per carità) e che Villains ha il solo pregio di essere appena appena meglio del disco precedente di cui al momento manco ricordo il titolo. Se fosse uscito nel 2004 l’avremmo accolto a risate e ceffoni.

PROTOMARTYR – RELATIVES IN DESCENT

ProtomartyrQualche settimana fa è iniziato a girare il disco nuovo dei Protomartyr e un sacco di gente che conosco era davvero esaltata. Ho iniziato a leggere articoli che parlavano di quanto finalmente la musica “rock” in senso lato stesse alzando la cresta e si fosse finalmente messa nell’ordine delle idee di ragionare in termini di innovazione musicale. Poi naturalmente ho messo su il disco e ho scoperto (si fa per dire) che è un disco dei Protomartyr, la solita sbobba indie-post-qualcosa-wave di quelle che sì, molto carine ed emozionanti ma ho comunque ascoltato 800 dischi più o meno uguali e sento un po’ addosso il peso degli anni.

KENDRICK LAMAR – DAMN

KendrickQuesto ad essere sinceri è un disco bellissimo, quello che puzza è che così tanta gente se lo sia sentito nelle corde, nonostante sia quasi l’opposto ideologico di To Pimp a Butterfly e Untitled Unmastered – il primo era una specie di enciclopedia della black music a muso duro, il secondo una forzata ghenga di nuovi suoni; questo è un disco molto umorale e scheletrico che può prendere anche molto male. Io come dicevo lo adoro, ma è perchè non ho tutta questa simpatia per gli altri due. Il fatto di metterlo lì sul piedistallo è un po’ come dire, ok, quel che conta è che i dischi siano fatti bene, non è così importante avere un’idea musicale solida. È anche vero che è il 2017 e questa cosa ha un suo significato, ma se non posso fare il vecchio ogni tanto, voglio dire, che continuo a scrivere a fare?

THUNDERCAT – DRUNK

ThundercatUn altro dei problemi di base della musica contemporanea è che ci sono delle sacche di spreco musicale tra un genere e l’altro in cui si infilano cose a caso. In altre parole: l’ascoltatore “alternativo” ama pensarsi open-minded ma mediamente ascolta solo rock, hip hop ed elettronica, e se in qualcuno di questi giri arriva ad esempio un normale disco jazz, può diventare un caso. Un esempio lampante è quello della Brainfeeder di Flying Lotus, genio dell’elettronica convertitosi alla causa del riccardonismo jazz-fusion, che portò The Epic di Kamasi Washington a diventare uno dei dischi del 2015 nel giro alternative. Oggi succede lo stesso con Thundercat, un disco di fusion brutta al cui confronto il triplo CD di Kamasi Washington era roba sobria e dimessa.

THE NATIONAL – SLEEP WELL BEAST

The NationalGli Arcade Fire non ce l’hanno fatta a finire in classifica, Everything Now è davvero troppo brutto e sciapo. Verrebbe da pensare che qualcosa nel meccanismo si è irrimediabilmente inceppato, ma dall’altra parte qualcosa è rimasto. Ad esempio: Sleep Well Beast dei National fa capolino in diverse playlist, il che sembra indicare che Matt Berninger sia più simpatico di Win Butler, o che almeno nella ricerca di un nuovo assetto sonoro i National non abbiano mandato in vacca i tratti fondamentali del loro essere – due cose tutto sommato vere, anche se Sleep Well Beast sembra presenziare nelle liste di fine anno più per una questione di tifo che per motivi strettamente musicali. Non che io abbia niente contro il tifo, volevo mettere gli Unsane come disco dell’anno.

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