Neffa – Canerandagio Parte 1 (Numero Uno 2025)
Come tutti quanti anche io ho avuto un periodo in cui ascoltavo una o due puntate del podcast di Alessandro Barbero al giorno, e quindi – come tutti quanti – sono affascinato all’idea di quanto poco ci si possa affidare, nello studio della storia, alle testimonianze di chi c’era. Prendete il caso di Neffa, che la scorsa settimana è tornato con un disco rap per la prima volta da 25 anni a questa parte.
Da quando l’ha annunciato è partito un conto alla rovescia febbricitante in giro per i canali, alimentato da tutte le persone che sono cresciute con il mito di Neffa, dei Sangue Misto e di SxM: l’MC, il gruppo e il disco più importanti della storia dell’hip hop italiano, secondo molti appassionati del genere. Poi sono uscite interviste allo stesso Neffa, nei giorni a ridosso del disco, e la sua percezione di quel periodo così glorioso e seminale è tutta diversa: i dischi faticavano a vendere, i concerti erano mezzi deserti e la concorrenza vendeva dieci o venti volte tanto. Se lo chiedete a me, ho un altro ricordo: gente insospettabile innamorata di quel disco, la cassettina dei Messaggeri che girava da uno stereo all’altro, concerti belli pasciuti. Qual è allora la vera storia di quel periodo? Boh.
Il nuovo disco di Neffa parla anche di questo. È il disco di una persona che ha deciso di tornare a fare il rap, ha deciso di farlo alle sue condizioni e di assumersene la responsabilità; è anche il disco di un pubblico che ha sempre pensato una cosa e ora forse non è pronto a pensare il suo opposto, e sono in tanti a mettere giù critiche che hanno in fondo una loro legittimità – il flow è arrugginito, le produzioni sono troppo spartane, ci sono troppi guest? Sì/no. I dischi vivono della percezione del loro pubblico: quelli che riescono a farsi capire riescono anche a farsi apprezzare, e diamo per scontato che l’obiettivo di chi fa musica sia di essere capito dalla gente che l’ascolta. Ma non è detto che debba essere così, giusto?, e se si riesce ad accettarlo forse si può iniziare a pensare la musica in un modo più astratto ed eccitante. È quello che mi succede quando rimetto su il nuovo disco di Neffa, che condivide con me un certo senso di spossatezza derivante da questo continuo pensare al tempo stando nel tempo e lottando contro il tempo – in questo, un disco stimolante come poche altre cose abbia ascoltato da mo’.