giovedì
26 Giugno 2025

Glenn Branca e quei giorni che sconvolsero Ravenna

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Glenn Branca BandAlla maggior parte dei lettori, inevitabilmente, il nome di Glenn Branca dirà poco o nulla. In realtà, al di fuori dai gusti personali o da considerazioni soggettive, si tratta di uno dei grandi compositori di musica della nostra epoca, chitarrista che ha marchiato indelebilmente il suono “noise” di certo rock alternativo degli anni ottanta e novanta, a partire da Sonic Youth e Swans, che tra l’altro ha fortemente contribuito a far nascere.

Ascoltato oggi – nonostante i quasi quarant’anni trascorsi in particolare dal suo album capolavoro di debutto, The Ascension – il suo lavoro resta qualcosa se non di nuovo, sicuramente di “contemporaneo”, così rigoroso nel portare avanti la sua coraggiosa (ai tempi) sorta di opera sinfonica per chitarre elettriche (basso e batteria) e rumore, restando incredibilmente a metà tra rock e gli accordi ripetuti del minimalismo, da buon discepolo e dichiarato ammiratore di LaMonte Young, Terry Riley, Philip Glass e Steve Reich. Modelli che allo stesso tempo mette in discussione con l’approdo al cosiddetto massimalismo che lo fa diventare una sorta di maestro delle cosiddette accordature alternative, a volumi dal vivo fin quasi pericolosi per un pubblico senza tappi nelle orecchie. Branca è noto anche per aver sperimentato con grandi organici di chitarre e sarà ricordato anche per aver diretto l’orchestra di 100 chitarre elettriche alla base delle torri gemelle nel 2001, qualche mese prima dell’11 settembre. E 100 chitarre lo omaggeranno tra poche settimane al Ravenna Festival per un concerto che, scherzo del destino, suonerà postumo, essendo Branca morto in questi giorni per un cancro alla gola.

A ricordarlo è Franco Masotti, direttore artistico dello stesso Ravenna Festival, a cui ho chiesto un commento a caldo dopo la notizia della morte, anche per ricordare quei giorni che “sconvolsero Ravenna”. «3 marzo 1981 – ha scritto Masotti anche sulla sua pagina Facebook –, in un tendone da circo piazzato nei giardini pubblici di Ravenna, in una singolare iniziativa promossa dalla locale Arci: “I cinque giorni che sconvolsero Ravenna”, che vide tra gli altri la partecipazione di Pere Ubu e Roberto Benigni, una band newyorkese sconvolse veramente tutti nell’esecuzione, durata almeno una paio d’ore, di un unico brano, Lesson No. 1. Una formazione per quegli anni decisamente anomala: 5 chitarre (di cui una basso) e una batteria. Tra i chitarristi: Lee Ranaldo (che poi approderà di lì a poco ai Sonic Youth). Si trattava della Glenn Branca Band nel suo primo concerto italiano (pochi altri ne farà in seguito). È – notazione personalissima e forse irrilevante – il primo concerto che ho organizzato nella mia vita segnandomi indelebilmente. Gli devo essere grato per avermi come pochi altri aperto le orecchie a una visione del suono incomparabile, ancor oggi poco compresa, visionaria come poche altre. Proprio quest’anno, al Ravenna Festival, il 22 giugno a Palazzo San Giacomo – nel concerto “In A Blink OF A Night” – un gruppo di 100 chitarristi eseguirà quella stessa composizione, Lesson No. 1. Sarà un modo per rendergli un estremo intenso omaggio».

A chiudere un cerchio, quasi trent’anni dopo, suonerà a Ravenna (al Bronson) anche il suo complice ai tempi Rhys Chatham, in un’altra serata indimenticabile per chi ancora venera sua maestà, la chitarra elettrica.

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