Il nuovo, sofisticato ma prevedibile, album di Thom Yorke

Thom Yorke AnimaÈ sempre molto interessante avventurarsi alla scoperta di un nuovo lavoro di una rockstar anomala (quasi suo malgrado) come Thom Yorke, a partire dagli aspetti che esulano da quello prettamente musicale.

In particolare l’ormai solita campagna di marketing geniale di un genio qual è il cantante dei Radiohead, partita pare dalla metropolitana di Londra (poi arrivata anche in Italia, sicuramente a Milano), tappezzata da manifesti e volantini targati Anima Technologies, misteriosa startup che prometteva di essere in grado di recuperare i sogni perduti tramite una fantomatica fotocamera, con tanto di numero verde da contattare. Una volta chiamato, un’inquietante comunicazione registrata annunciava la forzata chiusura di Anima Technologies per gravi illegalità e veniva offerta la possibilità di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico che in realtà era una porzione di “Not the News”, traccia inedita del nuovo album di Thom Yorke, che si stava così ascoltando in anteprima.

Yorke ha poi annunciato ufficialmente l’uscita del disco vero e proprio, Anima, sul suo profilo Twitter il 20 giugno, assieme a un cortometraggio, omonimo, diretto da Paul Thomas Anderson, distribuito su Netflix e in alcune sale cinematografiche il giorno di pubblicazione dell’album, una settimana più tardi. Tutto molto figo e sofisticato, pure troppo forse, in perfetto stile Yorke, così come l’album, che non può però non impressionare per il rigore, il coraggio (se così si può definire così quello di un artista ricco e famoso di 50 anni che continuerà a essere ricco e famoso qualsiasi strada vorrà intraprendere in futuro) nel continuare a proporre suoni prettamente elettronici che accompagnano canzoni destrutturate ispirate dalle teorie di Jung, dai racconti di Ballard, dai panorami alienanti di Tokyo, colonne sonore per mondi distopici con testi che mettono in evidenza paure e ansie legate ai tempi in cui viviamo, alle nuove tecnologie, eccetera.

Tutto molto figo, di nuovo, ma anche tutto molto prevedibile. Perché se probabilmente è vero che questo è il suo disco solista più riuscito, come scrivono un po’ tutti, va anche detto che suona ripetitivo e già sentito, nonostante si proponga di essere qualcosa di “nuovo”, senza essere sperimentale e men che meno (seppure volutamente) comunicativo.
Tanto che, una volta terminato l’effetto wow e fatto i complimenti per l’impegno, viene da chiedersi più prosaicamente quando uscirà il nuovo album dei Radiohead…

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