Troppo facile parlare sempre di rock e di canzoni, nel senso tradizionale del termine. Anch’io ero come voi, quando ero giovane, tranquilli. Ma arriva un punto nella vita, in cui bisogna cercare di aprire per bene i propri padiglioni auricolari e tentare (perlomeno tentare) di apprezzare anche qualcosa di diverso. L’elettronica, per esempio. Roba molto vaga, me ne rendo conto. Allora proviamo a parlare di techno, quel ramo maggiormente riconducibile al rock – dice Wikipedia – quello nato grossomodo grazie all’eredità di Kraftwerk e affini e che si è sviluppato soprattutto a Detroit e Berlino, chissà poi perché. Spesso viene anche chiamata elettronica intelligente, o qualcosa di simile. Ecco, provo qui a stilare una veloce guida su alcuni dischi fondamentali di questo campo. E metto subito le mani avanti: nella lista ci sono sì delle pietre miliari indiscusse, ma mancano anche molti mostri sacri, un ordine cronologico-storico, termini tecnici adeguati, forse proprio un senso. È molto personale, ma in grado di stimolare a sufficienza la curiosità di qualche bendisposto. La lista ha un ordine: dai dischi più facili a quelli più ostici.
– Chemical Brothers, “Dig Your Own Hole” (1997), siamo dalle parti della discoteca, roba per ballare, magari drogarsi, fate voi. Roba bella carica, si diceva una volta. Siamo in Inghilterra e ne approfittiamo allora per segnalare sempre i connazionali Underworld di “Dubnobasswithmyheadman” (1994), anche loro campioni di vendite, grazie anche alla colonna sonora di Trainspotting.
– Daft Punk, “Homework” (1997): qui siamo in Francia e restiamo in ambito commerciale, seppur di alta qualità. Anche qui si balla di brutto, ma il tutto è meno fisico e più levigato. Quando uscì, questo disco lo odiai, non lo nego. Sempre dalla Francia, altro disco elettronico da segnarsi in agenda, ma virato molto al pop, molto molto pop, è “Moon Safari” debutto del 1998 degli Air.
– Kruder & Dorfmeister, “The K & D Sessions” (1998): si scende in Austria e si inizia a fare sul serio con un doppio album molto sofisticato, che mescola vari stili. Suona anche jazzato e lounge, ma non spaventatevi.
– Boards Of Canada, “Geogaddi” (2002): si torna su, in Scozia, per atmosfere che nascono dai documentari e che li dovrebbero tornare. Non è mica una cosa brutta, anzi.
– Autechre “Incunabula” (1993): ecco, gli Autechre segnano forse lo scarto decisivo in questo elenco, arriviamo all’ambient-techno, qui bisogna iniziare a impegnarsi un po’ per ascoltare, ma ne varrà la pena.
– Matmos “A Chanche To Cut Is A Chance To Cure” (2001): veri e propri cacciatori di suoni, in quest’album ne utilizzano solo di registrati in un ospedale. Non si spiega come possano essere diventati quasi delle star internazionali. Anzi, sì, il merito è di Bjork, una che ci capisce, e che li ha voluti con sé in tour e su disco.
– Aphex Twin “Selected Ambient Works 85-92” (1992): eccolo, quello che è considerato il più grande genio della musica elettronica. La scelta dell’album è abbastanza casuale, partite un po’ da dove volete.
– Plastikman “Closer” (2003): il progetto glaciale del canadese Richie Hawtin, figura chiave di tutta la scena; il suo è quasi un manifesto della cosiddetta minimal techno (vedi anche i produttori tedeschi Basic Channel).
– Shackleton “Three EPs” (2009): qui la techno si fa tribale e si parla anche di dub. Noi ci fermiamo un po’ prima, altrimento dovremmo parlarvi di Burial, che intanto potete segnarvi nell’agenda bello in rosso.
– Carl Craig & Moritz Von Oswald “Recomposed”: un disco forse minore, paragonato al resto della lista, ma una vera e propria chicca da scoprire, in cui due mostri sacri della scena ripropongono in chiave techno la musica di Maurice Ravel.
– Murcof “Remembranza” (2005): e a proposito di musica classica, l’elettronica spettrale di questo messicano pare quasi classica contemporanea.
– Oval “94 Diskont” (1995): qui parliamo soprattutto di glitch. Cosa sono? Ascoltateli. Possono sembrare rumori. Ma il risultato finale è esaltante.
– Pan Sonic “Kesto” (2004): dalla Finlandia, questa volta, atmosfere per forza di cose glaciali. Spesso molto ostiche, non sempre. Grandissimi.
Condividi