martedì
17 Giugno 2025

Quel 17enne che avrebbe scritto la storia della musica industriale italiana

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A0053797423 10Simon Balestrazzi – Early Recordings
(Azoth Recordings, 2016)
Siamo abituati ad associare la cosiddetta “cultura industriale” con la Londra degli squat e del post punk area Throbbing Gristle, seguito dal power electronics dei Whitehouse, o in seguito con la Berlino degli Einstürzende Neubauten,  poi ancora con la Tokyo del “japanoizu”. Al limite c’è chi la fa partire dalla New York dei Suicide. Eppure anche in Italia abbiamo avuto pionieri come Eraldo Bernocchi e Paolo Bandera (Sigillum S) da Milano, la Torino di Marco Milanesio e dei suoi DsorDNE, una fervida scena romana. A Parma nel 1979 un diciassettenne di nome Simon Balestrazzi,  invece di pensare al pallone, alle ragazze, o di far parte della generazione perduta dell’eroina, comincia a pasticciare con nastri analogici, onde radio e registratori a cassette. Non possiede sintetizzatori, ma se li fa prestare, e produce della musica sorprendentemente matura. Probabilmente all’epoca lo affascina solo la violenza cacofonica, la furia nichilista. Ma, riscoprendo alcune cassette perfettamente conservate, si rende conto che questa “musica” così ingenuamente incompromissoria è invecchiata piuttosto bene. Forse meglio di quanto avesse sperato. Recupera il materiale dell’Album Nero, e una manciata di altre registrazioni effettuate tra il 1979 e il 1982. Immaginatevi quegli anni. In Italia davi ancora scandalo se portavi i capelli lunghi ed ascoltavi i Clash. Figurarsi fare rumorismo,  una cosa che non era mai andata oltre i salotti dei futuristi. Questo diciassettenne lo fa già con una maturità che gli anni non hanno incrinato, come spesso capita ai veri talentuosi (a me piace molto spulciare tra i primi vagiti dei grandi; mi viene in mente il bel libro in cui Ericailcane paragona sue opere contemporanee ai disegni di bambino; o quel disco registrato a 13 anni da Kawabata Makoto degli Acid Mothers Temple, pubblicato qualche anno fa in vinile da Qbico Records…). Di lì a poco Simon comincerà a scrivere la storia della musica industriale italiana coi suoi T.A.C., e non smetterà mai di portare del sano caos e ricordarci che non bisogna mai adagiarsi, se si vuole restare vivi davvero.

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