50 e 50, un dramma in commedia miracolosamente divertentissimo

50 e 50, di Jonathan Levine  (2011)
I trentenni Seth (Seth Rogen) e Adam (Joseph Gordon-Levitt) sono colleghi e grandi amici, e sembra proprio possano vivere felici e contenti, fino a quando diagnosticano ad Adam una rara, aggressiva e impronunciabile («più sillabe ci sono e più grave è», ricorda Seth) forma di cancro che, secondo internet, lascia al malato circa il 50% di probabilità di vivere (da qui il titolo). Come forse si è già intuito, il dramma iniziale del protagonista viene raccontato sotto forma di commedia, a tratti divertentissima, con inevitabili e giusti momenti drammatici e riflessivi, fino ad arrivare a spontanea commozione. Basato su uno script autobiografico di Will Reiser (grande amico di Rogen, il cui personaggio, non a caso, porta lo stesso nome), 50 e 50 non è un film sulla vita, ma sulle paure e sugli interrogativi che comporta un simile dramma. Eppure il film è miracolosamente divertentissimo nella prima parte, carico di battute (-«Ti faccio un tè verde, riduce del 15% le possibilità di ammalarsi di cancro» -«Ma ho già il cancro…»), e scene in cui i due protagonisti decidono di sfruttare la malattia per rimorchiare alcune ragazze. Il dramma è sempre lì, presente, grazie ai due straordinari personaggi compagni di chemioterapia del protagonista, e ogni risata è accompagnata da un impotente senso di amarezza, in un film che riesce a non cadere nelle trappole che si creano man mano che la storia (e la malattia) si evolve, e che anzi riesce a raccontarne magnificamente lo stato d’animo del protagonista. A due bravissimi protagonisti (due garanzie) si aggiunge l’adorabile e fragile dottoranda in psicologia, interpretata da una grande Anna Kendrick (Rocket Science), che instaura col protagonista una difficile e tenera amicizia. Verso il finale, qualche concessione al buonismo non manca, insieme a qualche piccola e perdonabile banalità; inoltre il finale svela il destino del protagonista, sminuendo un po’ la bellissima scena ambientata all’ospedale, con amici e parenti sospesi nella speranza e Adam avvolto nell’incognita dell’anestesia. Comunque finisca il film, ogni tanto sarebbe bello mettere i titoli di coda qualche minuto prima. Il regista è all’opera seconda, dopo l’ottimo debutto con Fa la cosa sbagliata.

Submarine, di Richard Ayoade  (2010)
La storia è fin troppo normale, ed è quella di Oliver Tate, quindicenne un po’ stravagante alle prese con scuola, bullismo, primi amori e crisi coniugale dei genitori. L’ambientazione un po’ meno: il Galles di metà anni ottanta non è certo New York. Detto questo, non è facile descrivere un autentico colpo di fulmine che ha letteralmente travolto chi vi scrive, in favore di questo magnifico film. In un tripudio di colori e dialoghi continui e spumeggianti, la storia d’amore adolescenziale è raccontata esclusivamente dal punto di vista del protagonista, conducendoci in un percorso assurdo ed esilarante, accompagnato dalla magnifica colonna sonora di Alex Turner, cantante degli Artic Monkeys, qui in vena decisamente intimista. Il cast, semisconosciuto da noi, è impeccabile, con menzione speciale, oltre che ai protagonisti, all’emergente Paddy Considine: un attore di cui sentiremo sicuramente parlare. Complimenti quindi al debuttante Ayoade, che fatta sua la lezione della Nouvelle Vague e soprattutto del più recente Wes Anderson, ha appassionato quasi tutto il mondo con Submarine, raccogliendo premi a Toronto, al Sundance e a Berlino, successi meritati per un film di questo livello. Nonostante la produzione di Ben Stiller, in Italia, tanto per cambiare (altrimenti non ci sarebbe questa rubrica) il film non è uscito, e difficilmente uscirà. Armatevi di sottotitoli (reperibili in rete) e della versione originale, e partite per un viaggio magnifico in compagnia di Oliver Tate!

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24