A proposito di Mondiali: calcio e cinema (prima parte)

Premessa: toglietevi dalla mente due film, perchè rappresentano la fusione perfetta tra calcio e cinema, e sono (si spera) noti a tutti: Fuga per la vittoria, di John Huston e Il presidente del Borgorosso Football Club, di Luigi Filippo D’Amico (e soprattutto con Alberto Sordi). Perchè se non ve li togliete dalla testa, l’articolo finisce qui: non c’è niente da aggiugere. Altrimenti… eccoci: in questa semiseria Repubblica Italiana c’è un articolo non scritto, probabilmente l’1 bis, che dice che l’Italia è una Repubblica fondata sul calcio. E non solo l’Italia, ma Europa e gran parte del mondo. A palese dimostrazione di tutto ciò, basti ricordare (e chi se lo dimentica) che abbiamo avuto per vent’anni un Presidente di calcio come Presidente del Consiglio; o ricordarsi (e qui è più difficile) che l’artefice artistico dei Mondiali di Spagna 1982 fu (l’appena ex) Re Juan Carlos. Ma non c’è bisogno di ricorrere alla memoria: guardate come la cancelliera più potente d’Europa segua la sua Germania in Brasile fingendo di appassionarsi; sappiate inoltre che il Presidente di uno stato da noi percepito come musone e permaloso come l’Iran, ha orgogliosamente twittato una sua foto davanti alla televisione. In attesa di vedere un futuro ballottaggio politico tra Totti e Del Piero per la Presidenza della Repubblica, nel 2026, ci fermiamo qui. Il mondo cinematografico, invece, ha un rapporto col calcio più difficile, meno subdolo, meno fanatico, addirittura snobistico. C’è una distinzione da fare, in fatto di cinema: film che parlano di calcio, o di suoi protagonisti; film ambientati nel mondo del calcio, che parlano però di vicende umane; film in cui assistiamo a partite di calcio mitiche. Partiamo da quest’ultimi, perchè il nostro paese la fa da padrone grazie a un personaggio che a vederlo, col calcio non c’entra nulla: il ragioniere Ugo Fantozzi. Perchè le sue peripezie per riuscire prima a vedere, poi ad ascoltare Italia-Inghilterra sono qualcosa di alto e rappresentativo di uno sport che nel grande match tra scapoli e ammogliati trova la sua sublimazione. Medaglia di bronzo, la splendida partita di calcio improvvisata di Marrakech Express (Salvatores). Grandi registi italiani hanno ambientato nel mondo del calcio vicende più umane che sportive: Pupi Avati in Ultimo minuto e anche Paolo Sorrentino nel suo primo film, L’uomo in più. Le storie italiane di puro calcio sono affidate alla commedia demenziale: impossibile non citare l’ottimo L’allenatore nel pallone, film anche modesto ma perfetta caricatura del mondo del calcio, diventata una meritata pietra miliare per gli appassionati. Genere demenziale che ha avuto una magnifica punta di diamante in estremo oriente, con Shaolin Soccer, (di Stephen Chow, 2001) in cui i monaci shaolin diventano veri fuoriclasse. Una preghiera: guardatelo, e in lingua originale coi sottotitoli, perchè da noi è doppiato da calciatori. Nella cinematografia anglosassone il calcio non è soltanto uno sfondo o un pretesto: nello statunitense (con “aiuti” inglesi) Goal! (una trilogia, recuperate) si narra la parabola non vera di un giocatore di talento, mentre l’inglese Hooligans, come avrete potuto intuire, tratta della tifoseria. Recuperate anche questo. Ma è nel parlare di personaggi realmente esistiti che calcio e cinema trovano una reale armonia… (continua)

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