Alcune avvertenze per Locke, tra pregi, difetti e… noia

Locke (di Steven Knight, 2013)
Attenzione: smettete di leggere ogni tipo di trama o articolo, che non sia questo, su Locke. Non perchè questa rubrica sia l’unica da leggere (anche se resta certamente la principale), ma perchè tutti gli altri articoli parleranno quasi sicuramente di un particolare della trama che per gustarsi il film (o tentare di farlo) sarebbe bene non sapere. Chi vi scrive arriva in sala completamente ignaro di cosa tratti la pellicola, se non per regia, attori e una vaga infarinatura sul soggetto, e sarebbe l’ideale farlo sempre; ma questa volta la regola va seguita. Quindi, questa sarà un po’ diversa sia dalle altre recensioni sul film, sia da tutti i precedenti articoli qui comparsi. Cose da sapere: il doppiaggio fa schifo (difetto), dura meno di un’ora e mezza (pregio, a prescindere dalla qualità), Tom Hardy (quello di Bronson, Inception, Rocknrolla e Maria Antonietta) è sempre un grande (pregio), l’idea è interessante (pregio), lo sviluppo è più banale che monotono (difettone), il finale migliora il film (leggero pregio), il qui regista Steven Knight è uno sceneggiatore di successo (aggravante). Il problema è proprio dovuto all’identità del regista: se scenografia e fotografia sono accattivanti e affascinanti, è proprio la sceneggiatura, che ci regala un mix di luoghi comuni, moralismo e situazioni scontate a rappresentare il limite maggiore del film. È realmente possibile che in lingua originale la pellicola cambi pelle, perchè oltre ai contenuti sono le voci, piatte e lagnose, a rovinarla; però il problema resta e il fascino dell’idea, della messa in scena, lascia presto spazio a noia e talvolta anche irritazione. Però Locke è un film che piacerà anche, perchè c’è chi entrerà più volentieri nel suo personaggio principale, nella sua storia, nelle sue decisioni e nella sua forza. Non è difficile pensare a un successo di critica piuttosto che di pubblico, perchè l’esercizio cinematografico è presente e anche ammiccante. Non resta che vederlo, quindi, prendendo queste parole scritte con la stessa furbizia con cui Knight ha impostato la sua storia: se non vi piacerà, eravate stati avvisati; viceversa, questa rubrica è lieta e fiera di aver contribuito a spingervi al cinema!
Plus One (di Dennis Iliadis, 2013). Prima mezz’oretta piuttosto scontata: una festa tra giovani, a base di sesso, droga, alcol e musica che si balla da sballati; poi a un certo punto l’invenzione narrativa che trasforma una banale commedia in un film di fantascienza: compare un doppione per ogni personaggio, che sta agendo alla festa… un quarto d’ora prima! Interessante, non del tutto riuscita ma simpatica opera seconda di un regista che per diventare epico come il suo cognome ha tanta strada da fare. Ma per chi ama il fantastico, qui l’originalità non manca, e come in Chronicle, cerca nuove vie. Non importa se il risultato non è il massimo, perchè il contribuito al genere c’è e si vede… per modo di dire, perchè in Italia sono usciti solo i sottotitoli, come sempre disponibili in rete.

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