Ancora su registi e attori bravi, ma sconosciuti in Italia

Facciamo il punto: i film “da Oscar” da vedere, sono stati già segnalati, e sono Grand Hotel Budapest, Boyhood, Whiplash e Birdman, in ordine decrescente di bellezza. Aggiungete, se volete, Selma, che è un ottimo titolo in uscita ma che per colpa del pregiudizio (cinematografico, s’intende) da parte di chi scrive, non verrà recensito. In questa settimana per chi segue la rubrica, verrà chiuso un trittico dedicato a registi e attori bravi e sconosciuti solo in Italia.
Divergent (di Neil Burger, 2014). In un futuro si spera lontano, l’umanità è divisa in caste a seconda delle proprie caratteristiche: intellettuali, contadini, uomini di legge, poliziotti e volontari sono chiamati diversamente, ma mantengono il senso della mansione. La divisione in fazioni è voluta per mantenere l’ordine mondiale e la pace, per non dare modo alla natura umana e al suo pensiero di creare problemi e violenze. Ci sono, però, i “divergenti”, coloro che non hanno caratteristiche inquadrabili in una sola categoria: costoro sono perseguiti dalle fazioni e facilmente uccisi in quanto portatori di instabilità. La morale è semplice da tradurre ma tutt’altro che banale o scontata: come Hunger Games (precursore), la fantascienza viene usata come strumento da parte della nuova generazione di autori e attori per gridare a voce alta il loro senso di libertà, progressismo e rivoluzione. Film impegnati camuffati da facili avventurette con bei ragazzi protagonisti o viceversa? Mentre Hunger Games faceva senz’altro parte dei primi, il film dell’interessante Neil Burger (Limitless) mantiene fede al titolo e si mostra un po’… divergente. Shailene Woodley è brava ma non è Jennifer Lawrence (e chi lo è, in questo momento?), Theo James è debole come il suo corrispettivo arciere, e Kate Winslet regge perfettamente il confronto con gli altri grandi attori nel film paragonato. Quello che manca è il mordente alla regia, la scelta di fare un film per ragazzi dove la violenza non è praticamente mai mostrata, di non avere quindi alcun coraggio cinematografico. Come nel già recensito The Spectacular Now, la Woodley fa “coppia” con Miles Teller (Whiplash), mostrando la forza delle nuove generazioni di attori .A marzo esce il sequel, il film è innocuo e scorre troppo liscio, ma merita più dell’oblio italiano.
Smashed (di James Ponsoldt, 2012). Kate fa la maestra ed è sposata con Charlie, giornalista musicale. Entrambi hanno problemi d’alcolismo. Kate ha una situazione più grave e cerca di smettere. Tema sempre d’attualità da quasi 80 anni nella cinematografia statunitense (il meglio della gamma è sempre Giorni perduti di Billy Wilder del 1941), il giovane Ponsoldt lo rappresenta con una regia nervosa e asciutta che avvolge completamente la sua protagonista e ne segue ogni momento e sensazione. Attori molto bravi e abbastanza noti: Aaron Paul si è fatto le ossa in Breaking Bad, mentre Mary Elizabeth Winstead è un piccolo mito, wikipediare per credere, e qui offre la performance della sua carriera. Ne esce un ritratto molto realistico del dramma, in quanto la scelta di smettere da parte della protagonista avviene nei primi minuti del film, a cui segue una sequenza di eventi piuttosto lineare, scene molto dure (nella bottega del distributore) e una durata del film molto breve (80 minuti scarsi) per non appesantire ulteriormente la storia. Neorealismo indie del nuovo millennio, benvenuto. In Italia è uscito (!) direttamente in dvd (sigh…). Da vedere.
Ps: è uscito, direttamente (sigh!) in dvd, uno dei più begli invisibili mai recensiti in questa rubrica, Submarine. Si può tranquillamente vedere sugli scaffali delle migliori librerie di Ravenna. Fate a botte per toglierlo da quello scaffale, legalmente. Grazie.

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