Anonymous, se non basta amare Shakespeare per apprezzare un film…

Anonymous, di Roland Emmerich (2011)
La dubbia storia del nobile Edward De Vere, che in età vittoriana crea il personaggio di Shakespeare, per vedere rappresentate le sue commedie, diventa un thriller che, per poter essere gustato al meglio da voi spettatori, necessita di alcune predisposizioni. 1. Shakespeare, innanzitutto, nel bene e nel male. Nel senso che dovete amare le sue opere ma non lui. 2. Cospirazione. Senza scomodare l’11 settembre, se avete sempre creduto che lo sbarco sulla luna del 1969 sia un falso, nel migliore dei casi girato da Kubrick, continuate pure a leggere e a credere nel film. 3. Confusione cinematografica. Quante volte avete sentito dire, magari a proposito di feste, “più gente c’è, meglio è”? Ecco se preferite di gran lunga le scene con un numero di comparse ben oltre il migliaio ai dialoghi a due-tre persone, continuate a essere sulla buona strada. 4. Urlo. Più si grida, più il messaggio passa. Tutti noi siamo convinti che, fino alla morte, il personaggio di Di Caprio in Titanic fosse davvero il Re del mondo, per il semplice motivo che lo urlava a squarciagola. 5. Catastrofismo. Il regista, noto per avere mano non leggerissima, viene da Independence Day, The Day After Tomorrow e 2012. Quindi state tranquilli che qualche catastrofe avverrà anche qui. 6. Il codice Da Vinci. Se non fosse per i costumi, sembrerebbe lui. 7. Tempo. Il film dura due ore e dieci, non prendete impegni. Se superate tutti questi punti, probabilmente per voi Anonymous è il film dell’anno. Parola di Francesco Della Torre, che si è tristemente fermato al punto 2 (compreso, eh), così da annoiarsi e indispettirsi per quasi tutto il film, tanto da desiderarne la fine al più presto. Post scriptum: non volendo apparire presuntuoso o eccessivamente spocchioso, il (re)censore vi fa notare che ha preferito questo noioso polpettone ai vari Faust e Pina.

Rubber, di Quentin Dupieux (2010)
Rubber è quanto di più insolito, simpatico, assurdo e bizzarro si sia visto (per modo di dire) in giro negli ultimi tempi. Già dalla trama qualche sospetto si nutre: nel deserto californiano uno pneumatico, dotato di poteri paranormali, si anima e inizia a uccidere qualsiasi cosa gli si presenti davanti… per poi innamorarsi di una bellissima ragazza. La cornice, però, è cinefila: un irresistibile sceriffo introduce il film così: «Perché l’alieno creato da Spielberg in E.T. L’extraterrestre è marrone? Perché i protagonisti di Love Story si innamorano follemente? Per nessun motivo!”. E così via con gli esempi. Un film ha bisogno di spettatori, e dopo questo inizio, arrivano davvero gli spettatori, a seguire la vicenda del copertone killer. Un film nel film, fortemente ispirato ai Monty Python, che strizza un occhio a Effetto Notte di Truffaut (cinema nel cinema) e che finisce ironicamente per proporsi come prequel di Duel (grande opera prima di Spielberg). È proprio sul rapporto tra spettatori e film, che il regista gioca le sue carte cinefile, esprimendo una sorta di piccola riflessione sul cinema, che esiste solo in presenza di spettatori, ponendo fine allo stesso nel momento in cui si verifica l’assenza di pubblico. Presentato, incredibilmente, al Festival di Cannes, il film non ha incontrato il favore dei critici tradizionali, ma è diventato un piccolo cult tra i festival minori. Un B-Movie divertente anche se un pelo lungo nei suoi pur brevi 85 minuti di durata, violento, buffo e assurdo, ma molto più teorico e ricco di spunti di quanto non si voglia credere. Una commedia nera a cui ci si affeziona, se si amano gli ingredienti. Inedito in Italia, sottotitoli disponibili in rete.

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