Battle Royale e The Host, due film di culto dall’Oriente

Battle Royale (Kinji Fukasaku, 2000)
In un futuro prossimo e fortunatamente indefinito, la violenza giovanile in Giappone è talmente diffusa che è dovuto intervenire il governo con un provvedimento punitivo alquanto bizzarro: ogni anno una classe sorteggiata si recherà su un’isola deserta per partecipare al Battle Royale, vero e proprio gioco-reality, i cui partecipanti per vincere dovranno uccidere tutti gli altri.  Ne rimarrà uno solo, altrimenti si muore tutti. Supervisore, il prof. Kitano (sì, proprio lui). Vero e proprio cult-movie quasi in tutto il mondo, fatta eccezione per Italia e Stati Uniti, Battle Royale si apre con la sequenza mozzafiato dell’arrivo in elicottero della vincitrice del gioco: un’immagine forte d’apertura di quelle che non si vedevano da anni. Il film, chiaramente ispirato al Signore delle mosche, è stato oggetto di problemi in varie parti del mondo per la sua violenza esplicita e riferita all’età scolare dei suoi protagonisti. In Italia nel 2008 ne è uscita una versione in dvd, ancora reperibile nonostante il fallimento della casa che l’ha pubblicato. Per questo, per l’età del film e per motivi di contenuto, è impensabile che venga mai proiettato in sala ed è un vero peccato perché si tratta di un film emozionante e bellissimo, la cui violenza certo esplicita è portatrice di un messaggio ben preciso che con gli anni si è reso ancor più necessario: la violenza va repressa con la violenza? Certo, è almeno da 40 anni che il cinema se lo chiede (Arancia Meccanica…), ma è innegabile quando si vede per la prima volta Battle Royale che si respiri aria di originalità e modernità. Tra i tanti fans, Quentin Tarantino, che ha espressamente costruito su due attrici del film i due personaggi femminili di Kill Bill, nei cui titoli di coda compare la dedica all’appena scomparso Fukasaku. Il film è comunque visibile in lingua originale con sottotitoli più che reperibili in rete. Capolavoro e cult assoluto.

The Host (Bong Joon-Ho, 2006)
Nel 2000 un’equipe di scienziati americana e sudcoreana riversa nel fiume Han di Seul un’ingente quantità di sostanze tossiche tale da trasformare (con gli anni) un innocuo pesciolino in un mostro marino che esce dall’acqua e cerca di uccidere più persone possibili. Dopo aver fatto numerose vittime, il mostro inizia a rapire giovani creature per, probabilmente, tenerle in credenza. Una di queste è la figlia dello squinternato protagonista, la cui famiglia gestisce un chiosco di cibo in riva al fiume. L’intervento dell’esercito americano peggiorerà una situazione che solo la nostra eroica famigliola (una sorta di Simpson coreani) saprà risolvere. Partendo dal classico genere catastrofico, col mostro che paralizza una città, The Host in realtà gioca coi generi, dal thriller al comico, passando espressamente dal fantapolitico. E lo fa molto bene: oltre agli eccezionali effetti speciali, nel film si assiste a una satira dei governi occidentali, nella tradizione del miglior Joe Dante. Tanto che il film è stato espressamente lodato dal governo della Corea del Nord! Campione d’incasso in patria e amatissimo anche negli Stati Uniti, solo da noi ha trovato un comodissimo oblio distributivo, che si può ovviare scaricando dalla rete i sottotitoli italiani per la visione in lingua originale. Un po’ lunghetto (2 ore), ma esilarante.

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