Chronicle, il falso documentario che deve qualcosa al cinema nostrano

Chronicle, di Josh Trank (2012)
Il found footage è una tecnica cinematografica ultimamente molto in voga, lanciata una decina d’anni fa da The Blair Witch Project, con molti seguaci quali i Paranormal Activity o Cloverfield, anche se l’antenato è l’italiano Cannibal Holocaust di Deodato. La tecnica consiste nel creare un falso documentario tramite il ritrovo di materiale precedentemente girato i cui autori sono spariti in qualche modo, e il film dovrebbe svelarne il mistero. Chronicle ha per protagonisti tre studenti liceali, di cui uno con grande passione per la telecamera (eh se no…) che gira in soggettiva il ritrovamento di una piccola caverna sotterranea dentro la quale una misteriosa forza darà loro poteri speciali. Se i primi tempi la cosa può sembrare divertente, col tempo la situazione scapperà loro di mano, decisamente. Opera prima ingegnosa, girata con basso budget, e che sfrutta appieno questa tecnica, fornendo allo spettatore nuovi punti di vista che rinnovano e nobilitano una storia altrimenti piuttosto trita e ritrita. Trank e l’amico sceneggiatore Landis (figlio di John) sono abili a giustificare ogni piccolo particolare del film, come il raddoppio dell’inquadratura, dovuto alla presenza di un’amica blogger anche lei videoamatrice; inoltre gli effetti speciali, pur artigianali, sono sorprendenti e davvero realistici. Quello che non convince è proprio lo sviluppo della trama, che col passare dei minuti preme sempre di più sul pedale dell’accelerazione (e dell’esagerazione) trovando anche una spiegazione filosofica (passione degli studenti protagonisti) nei deliri d’onnipotenza del più dotato dei tre. Un finale d’azione che non rovina una buonissima prova di regia ma che non porta Chronicle nell’olimpo dei cult movies: un film molto interessante, girato con tecnica adulta, cinefila che inciampa nella voglia di stupire da parte della storia.

Cannibal Holocaust, di Ruggiero Deodato (1980)
Quando usci Blair Witch Project era il 2000, e si parlò (anche giustamente) di rivoluzione in campo registico, con l’utilizzo della nuova tecnica found footage. Poi qualcuno disse che già 20 anni prima in Italia, il regista Ruggiero Deodato aveva realizzato un film con questa tecnica, ma che essendo censuratissimo non poteva vedersi. Al di là delle censure, la verità è che il film era finito nell’oblio (mai passato in tv) ma grazie anche alla pubblicità indiretta, nel 2003 è uscita una ricchissima edizione in dvd (tuttora reperibile) con l’altisonante ma sincera fascetta “censurato in 23 paesi del mondo” e presentato anche alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2004. La trama: viene ritrovato materiale girato da quattro documentaristi partiti per l’Amazzonia un anno prima e di cui si sono perse le tracce, e il film è un finto documentario che mostra queste riprese. Innanzitutto, chi ha indicato in questo film il padre della tecnica in questione, ha ragione al 100%, e questo andava premesso. Il film è una spietata e violentissima analisi della società umana, con particolare riferimento ai mass media, e pur con qualche ingenuità registica, si può definire un film assolutamente riuscito, grazie anche alla bellissima colonna sonora di Riz Ortolani. Quello che lascia davvero di stucco, è la mole di violenza verso persone e animali, che fece anche sollevare accuse al regista di aver realizzato uno snuff movie, e cioè in parole povere di aver fatto uso di violenza vera verso indigeni. Deodato ha ampiamente spiegato che non è stata commessa alcuna violenza su umani, mentre sono purtroppo reali le uccisioni degli animali, giustificate come oggetto di nutrizione per gli indigeni. Lasciando al lettore le conclusioni etiche su questo film “maledetto”, e rovinandogli invece la sorpresa sull’unico nome noto del cast (Mr. Luca Barbareschi, in persona), si può però confermare che anche Chronicle deve qualcosa al cinema nostrano.

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