Un film che ci dice che un Paese è grande se lo sono il suo popolo e la sua stampa

Tutti gli uomini del presidente (di Alan J. Pakula, 1976)

Ogni tanto è giusto parlare di un classico, un po’ perché i fatti di attualità portano alla mente certi temi, un po’ perché semplicemente c’è chi potrebbe essersi dimenticato di quest’opera fondamentale.

Per chi non lo conoscesse, il film è basato sull’omonimo saggio dei due giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein del “Washington Post”, che racconta la loro inchiesta sul caso Watergate che iniziò il 1° giugno 1972 con un sospettoso arresto di cinque uomini nella sede del Partito Democratico, e si concluse il 9 agosto 1974 con le dimissioni di Richard Nixon da presidente degli Stati Uniti.

Tutti gli uomini del presidente focalizza immediatamente l’attenzione che Bob Woodward presta a questo misterioso arresto, deducendo che non poteva trattarsi di un episodio isolato, e il suo collega Carl Bernstein lo affianca nell’inchiesta, riscontrando inizialmente sia l’enorme scetticismo (per usare un eufemismo) da parte dei loro capi, sia soprattutto un forte clima inizialmente di indifferenza da parte degli interessati che arriverà a sfociare in astio e minacce personali. Gli Stati Uniti sono un paese con molte contraddizioni, la cui storia è caratterizzata da macchie pesanti e indelebili, come la stessa guerra in Vietnam che veniva portata avanti proprio in quegli anni, e da clamorose inversioni su vicende oscure o pagine nere, che spesso con la forza degli stessi cittadini venivano denunciate e risolte.

Lo scandalo del Watergate è l’esempio più lampante di come prima due giornalisti e poi un’intera testata si mettono contro un sistema solido e apparentemente senza punti deboli, e cercano di sradicare le erbacce con la forza della libertà di pensiero e di opinione. Sono gli anni Settanta, periodo dove la coscienza di classe e la cultura personale erano di livello decisamente superiore, dove verificare o confutare un’informazione era decisamente più difficile, ma anche più affidabile.

La trionfale cavalcata di Woodward e Bernstein (interpretati dai magnifici Robert Redford e Dustin Hoffman), raccontata con uno stile asciutto, verboso e decisamente realista, non conosce ostacoli e procede spedito verso un lieto fine annunciato dalla storia.
Il cinema scrive la storia, la fa conoscere anche a chi (a volte per pochi mesi) in quel periodo non era ancora nato, e si pone come strumento indispensabile di conoscenza e memoria, una magnifica abitudine che nei nostri giorni ha perso un po’ di forza.

Peccato perché ogni film può insegnarci qualcosa, e Tutti gli uomini del presidente ci dice che un paese è grande se lo esono il suo popolo e la sua stampa… che sanno anche mettersi contro al proprio Presidente, se questi tradisce il loro senso democratico. Quattro Oscar, tra cui il miglior attore non protagonista a Jason Roboards.
Visibile su Sky/Now.

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