Crazy, Stupid, Love, una commedia sentimentale che piace anche a chi non ama il genere

Crazy, Stupid, Love, di John Requa e Glenn Ficarra
Ficarra (…no!) e Requa sono due bravi sceneggiatori americani al secondo film da registi che, visto il cast che sono riusciti a riunire, sono molto quotati a Hollywood e dintorni. Crazy, Stupid, Love è una commedia sentimentale, genere normalmente poco apprezzato da chi scrive, che intanto è riuscito nel primo piccolo miracolo di non farsi storpiare il titolo dai distributori italiani e addirittura a mantenerlo intatto. Secondo piccolo miracolo, il film è piaciuto a chi non ama molto il genere. Terzo piccolo miracolo, le due ore di durata non si sentono mai. Ma partiamo dal principio: il film parla di un incontro tra un marito che è stato appena scaricato e un inguaribile dongiovanni, un’amicizia che spalancherà al depresso e poco affascinante (ex) marito le vie della mondanità più sfrenata. Gli incontri dei due protagonisti s’intrecceranno con quelli di altri personaggi secondari, dando vita a un puzzle di storie intrigante e assai divertente. Per quanto riguarda la trama, come da consuetudine, mi fermo all’inizio, perché raccontare un film è quanto di più odioso e rovinoso esista al mondo, inoltre ci sono alcuni aspetti di Crazy, Stupid, Love su cui vale la pena soffermarsi. Come premesso sopra, il cast vale da solo il prezzo del biglietto. I due protagonisti maschili, Steve Carell e Ryan Gosling sono eccezionali: il primo, sorta di Jim Carrey con più tatto (40 anni vergine), è certamente alla sua prova migliore; del secondo segnatevi attentamente il nome perché questo è il suo anno, visto che lo vedremo in opere acclamate e ambiziose quali Drive e Le idi di marzo. La “risposta” femminile è maiuscola: accanto alla sempre grande Julianne Moore abbiamo l’emergente e qui già ampiamente celebrata (Easy Girl e Zombieland) Emma Stone. In ruoli minori, troviamo anche Kevin Bacon e Marisa Tomei. La sceneggiatura è impeccabile, e soprattutto regala un grande colpo nel secondo tempo, quando sembra che tutto confluisca nel prevedibile, prendendo di sorpresa lo spettatore e regalando ancora mezz’ora buona di situazioni ingarbugliate. Certo, il miele abbonda e come sempre dolcifica un po’ troppo il tutto lasciando da parte ogni cattiveria, però la costruzione del film porta lo spettatore al finale desiderato. Leggasi: è una commedia, non un film di Quentin Tarantino.

Blackout, di Rigoberto Castaneda (2011)
Gianluca Morozzi è uno scrittore molto noto a Ravenna e dintorni, pochi sanno però che dal suo clamoroso successo Blackout ne è stato tratto un film, co-produzione Italia-Usa-Messico, da noi inedito per, credo, molto tempo. Tratto fin troppo liberamente dal libro, il film è ambientato in un ascensore con tre persone che si blocca: i continui flashback mostrati, servono per farci capire la vera natura dei protagonisti, facendo così salire la tensione nello spettatore, visto che dentro l’ascensore i tre non si conoscono ancora. Tecnica non nuova, ma sempre solida. Poi il finale, che non si può rivelare, che oltre a tradire lo spirito del romanzo, rovina l’essenza del film stesso, non facendo combaciare alcune scelte di sceneggiatura e mostrando una risoluzione grezza, seguita da una postilla finale che più inutile non si può. Peccato, perché romanzo e metà film funzionano assai, e soprattutto riescono a creare ciò che un thriller deve: la tensione. Poi però si butta tutto via. Peccato. Sottotitoli disponibili in rete.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CONSAR BILLB 02 – 12 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24