Da brividi il nuovo Polanski. Ma scopriamo anche il thriller d’annata di Tornatore

L’uomo nell’ombra
di Roman Polanski
Un ghost writer (scrittore pagato per scrivere testi attribuiti poi a un’altra persona) viene assunto per rivedere e completare l’autobiografia di Adam Lang, ex primo ministro britannico che ora vive in un’isola di fronte a Boston, negli Stati Uniti, in un ufficio-bunker in compagnia della moglie e di un ristretto staff.
Il predecessore del writer è morto sull’isola in circostanze misteriose e contemporaneamente Lang viene accusato di aver favorito, durante il suo mandato, la tortura di prigionieri di guerra, appoggiando di fatto la Cia. Polanski non fa mistero di omaggiare il grande Alfred Hitchock in questo thriller politico: all’isola americana mancano solo gli uccelli minacciosi, mentre il ghostwriter di Ewan MacGregor (sempre più bravo) somiglia fin troppo a un Cary Grant al centro di un Intrigo Internazionale, in più non manca una femme fatale che provoca vertigini. Ma il regista è bravo sia a creare un’ambientazione moderna, e dimostra grande coraggio nel far alludere Lang a Tony Blair. Ad alimentare il mistero, va specificato che l’autore del libro e co-sceneggiatore Robert Harris è stato realmente ghost writer dell’ex premier inglese. Il film concede qualcosa allo spettacolo e la conclusione che, nonostante una memorabile scena legata a un biglietto, appare un po’ frettolosa e non pienamente chiara. Nonostante questo, L’uomo nell’ombra tiene attaccati alla poltrona per oltre due ore e, anche se forse non resterà negli annali del cinema, si dimostra un gran bel thriller da non perdere in questo magro periodo cinematografico.
Voto 7,5

Una pura formalità
di Giuseppe Tornatore
Dopo il fluviale e premiato Nuovo Cinema Paradiso, Tornatore nel 1994 realizza quasi in sordina un thriller di respiro internazionale grazie anche al clamoroso duo di protagonisti: il sorprendente ed eccellente Roman Polanski e il sempre grande Gerard Depardieu. Uno sparo nel buio, uno scrittore smemorato, un commissario di polizia, un commissariato che somiglia a una solitaria, tetra e umida sala d’attesa. Un interrogatorio che cerca di ricostruire, tramite l’ausilio di flashback confusi, cosa sia successo nelle ore precedenti lo sparo e chi sia in realtà il confuso e confusionale personaggio di Onoff. In un crescendo di tensione, di buio e di parole si scoprirà e si capirà che cosa si cela dietro nomi fittizi e allusori, fino a giungere a un finale che riesce a essere sia un’incredibile sorpresa che un’inevitabile quadratura del cerchio. Costruito su ritmi vertiginosi formati semplicemente da immagini confuse e tante parole, Una pura formalità dimostra come Tornatore, tra un kolossal e l’altro, abbia mano sicura per i grandi thriller: nonostante il procedere della storia non sia sempre chiaro e lineare, è impossibile non sentire a casa propria, a un certo punto, la poltrona scomoda, la sala da pranzo umida e il rumore di un violento temporale fuori. Uscito in Dvd ma da tempo fuori produzione, l’invito è di mettersi alla ricerca di questo film coraggioso, che senza mezzi termini vi conquisterà o, forse, vi deluderà fortemente.
Voto 9

Una curiosità: Polanski nello stesso 1994 dirige il cinematograficamente simile La morte e la fanciulla, altrettanto imperdibile.

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