Dal bel thriller La Isla Minima all’opera rock The Wall

In attesa della quasi mai salutare abbuffata natalizia di film, c’è da registrare un’impennata di film interessanti in quest’ultima parte dell’anno, tanto che nel giro di un paio di settimane possiamo trovare quasi tutti i titoli più interessanti del 2015, senza dimenticarvi di ’71, in uscita questa settimana in Dvd e fino a metà novembre di gran lunga il film dell’anno. Dopo aver registrato il crescendo a dismisura i fans di Dio esiste e vive a Bruxelles, sorta di Amelie belga, questa volta tocca a La Isla Mìnima, imperdibile thriller spagnolo. Anzi, come a Bruxelles si respira aria di Amelie, in questo caso possiamo parlare tranquillamente di True Detective iberico, perché i paragoni tra film sono lievi, divertenti, chiari e discriminano perfettamente coloro che non hanno una vita sociale: quelli che li disprezzano!
La Isla Mìnima (di Alberto Rodriguez, 2015)
Profondo sud della Spagna, nel 1980. Due “veri” detective mandati dallo stato, sono chiamati a indagare sulla scomparsa di due ragazze in un paesino/palude, “indietro” di svariati decenni. La democrazia spagnola nel 1980 è neonata, fragile e non del tutto stabile, e i due protagonisti vengono da esperienze ideologiche e di vita totalmente differenti. Thriller che non si limita alla ricerca del colpevole (si scopre subito che è un omicidio), ma che racconta umori e persone di un paese alla ricerca di una sua identità: infatti è perfetto il mix tra la vicenda gialla e il pathos politico del contesto, in un film girato egregiamente da un regista da noi non noto ma con all’attivo già svariati buoni lavori, carico di suspense sia d’azione che ideologico. Gli attori sono impiegati in maniera molto diversa che nei serial americani, perché i protagonisti Raul Arévalo e Javier Gutiérrez non dominano la scena, non esagerano nei dialoghi, non aprono le loro vesti per farsi identificare dallo spettatore: per molti una debolezza, per me una caratteristica voluta e che dà un tocco diverso a un thriller comunque un po’ presuntuoso, ma decisamente bello. Il film ha fatto incetta di Goya (gli Oscar spagnoli) e ha la fortuna di non subire storpiature nel titolo italiano, miracolosamente intatto. Tutti al cinema!
The Wall (di Roger Waters e Sean Evans, 2015)
The Wall è l’opera rock che Roger Waters scrisse e pubblicò nel 1979 come Pink Floyd. Nel 1982, per la regia di Alan Parker, uscì il film omonimo, di difficile fruizione per i non appassionati, e dalla grande connotazione antimilitarista. Oltre trent’anni lo stesso ex leader decide di portare la sua creatura in un grande tour di successo. Il film alterna le immagini di un concerto francese alla storia personale di Waters, che compie un viaggio in auto raggiungendo prima la Francia, dove il nonno perse la vita durante la Prima Guerra Mondiale, poi in Italia sulla spiaggia di Anzio, dove fu la volta del padre a morire nella Seconda Guerra. Il concerto non mostra particolari sorprese, ma offre una scenografia maestosa e suggestiva, che vede il costruirsi di un muro gigantesco durante la prima parte e l’abbattimento dello stesso verso il finale. Un concerto molto bello di un’opera rock che porta molto bene i suoi 36 anni, che il quasi settantenne Waters tiene con impeccabile forma. La vicenda personale è frutto dell’ego di una star, ben orchestrata e molto adatta alle tematiche dell’opera, ancor più qui che nel 1982 caratterizzata da forte pacifismo. Due ore e mezza di grande spettacolo, che non potranno mai sostituire un concerto visto dal vivo, ma che non deluderanno i palato di chi quel muro lo ama e lo cerca di abbattere da quasi quarant’anni. Momento memorabile: Mother. Il film è già passato nelle sale, ma questa settimana esce in videoteca.

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