Dal documentario sui rifugiati alla miniserie (non) per fan di King

Io sto con la sposa (di Augugliaro, Del Grande, Soliman, 2014) Come può un gruppo di rifugiati raggiungere la Svezia dall’Italia, in questo periodo così tragico e difficile per le frontiere europee? Il documentario di tre autori coraggiosi e indipendenti ci racconta il divertente espediente utilizzato per la grande impresa: un matrimonio vero e un corteo finto al suo seguito. Un po’ come nel bellissimo Train de vie (in quel caso si trattava di un finto treno di deportati per attraversare i luoghi occupati dal nazismo), un gruppo di rifugiati palestinesi e siriani riesce a inventarsi una recita, un costume, un espediente: un modo innocuo, non violento e se vogliamo ironico di cercare pace, serenità e… patria. I tre registi scelgono la strada del documentario e mettono da parte in maniera altrettanto forte ogni forma di patetismo e dramma per concentrare il loro lavoro su due vie: avventura e conoscenza. Il primo aspetto, pur incastrato in un genere non consono viene fuori con pazienza e forza, mentre i dialoghi e le situazioni fanno sì che i nostri protagonisti ci raccontino continuamente il loro background storico e la loro situazione attuale. La regia non si limita solo a registrare la storia ma conduce i profughi nel loro difficile viaggio, trasformando la macchina da presa da compagna di avventure a vera e propria guida in una piccola epopea affascinante, misteriosa e disperata. Autori che aiutano i protagonisti, quindi, trasformando un racconto drammatico in fiaba ma soprattutto reinventando un modo di fare cinema fondamentalmente poco percorso. Un film girato quasi due anni fa ma che fa venire sinceri brividi per l’attualità che l’Europa sta vivendo e per tutti i tentativi falliti di “matrimoni” tra culture tanto diverse e persone così uguali. Un film che man mano acquisisce importanza e valore storico, oltre che cinematografico. In programmazione sabato 30 aprile alle 17 al Teatro Rasi, per Corti da Sogni in proiezione unica.
22.11.63 (miniserie di 8 episodi, 2016) Tratta da un libro di Stephen King, la serie che prende il titolo dalla data dell’omicidio Kennedy parte con grandi nomi e grandi premesse, visto che a produrla ci sono lo stesso King e J.J. Abrams, a dirigere il primo episodio un regista da Oscar (Kevin Macdonald) e a interpretarla uno dei nuovi assi di Hollywood, un magnifico James Franco. La trama è semplice: un professore di italiano viene a conoscenza di un varco temporale che dai giorni nostri porta al 1960 e decide di impedire l’assassinio di Kennedy, avendo anche tre anni per prepararsi. Accurato dal punto di vista storico anche se su posizioni tradizionali (Oswald probabile unico assassino) e quindi distante dalla visione che Oliver Stone ha dato in JFK, la serie ricostruisce gli anni sessanta in maniera perfetta e crea un thriller fantascientifico che non può non coinvolgere. Col passare delle puntate gli autori virano molto sull’aspetto sentimentale e non approfondiscono politicamente la vicenda, che non è però priva di finezze storiche. A parte un paio di puntate dove il livello si abbassa non di poco, si può dire che 22.11.63 sia complessivamente una delle migliori miniserie del periodo: ha attori molto bravi (non solo Franco) e un finale un po’ sospeso dal punto di vista fantascientifico, ma commovente dal lato sentimentale. I fan di King hanno storto un po’ il naso, ma ricordiamo che si erano lamentati anche 36 anni fa. Con Kubrick.

RFM 2024 PUNTI DIFFUSIONE AZIENDE BILLB 14 05 – 08 07 24
SAFARI RAVENNA BILLB 13 – 19 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24