Dalla fantascienza alla commedia due chicche da vedere

LOOPER, di Rian Johnson (2012)
Chi legge questa rubrica sa che Rian Johnson non è un nome nuovo, perchè prima col sorprendente thriller Brick, poi con l’ottimo (e ovviamente inedito) The Brothers Bloom, recensito qualche settimana fa, il regista aveva già dato segnali precisi del suo talento. Johnson gira la sua opera terza in compagnia del fedele e qui truccatissimo Joseph-Gordon Lewitt, della rediviva icona Bruce Willis, e della fantastica Emily Blunt. A cavallo tra futuro prossimo e anteriore, il film è un thriller fantascientifico che ha nel tempo e nel suo destino il motivo dominante: il protagonista è un killer che uccide persone rispedite dal futuro, che si bloccherà in presenza di una vittima designata vagamente familiare. Non solo un’avventura, non solo due ore di azione; Looper si pone non pochi interrogativi a cui tenta di dare risposte: viene mostrata un’America del 2044 in cui miseria e delinquenza la fanno da padrone, con lo sfondo di una metropoli simile alla Los Angeles di Blade Runner. Non c’è solo la scenografia, ma un preciso cammino da parte dei protagonisti per sfuggire al dolore, proprio e degli altri, ben raccontato e caratterizzato. Gli interrogativi si pongono su cosa poter fare per stroncarlo questo male, ma è bene guardare prima il film piuttosto che scrivere parole che potrebbero rovinarne la visione di una pellicola in bilico per diventare o meno, negli anni a venire, un piccolo classico. Qualche motivo per storcere il naso, comunque, c’è, principalmente a causa del personaggio di Bruce Willis, ben caratterizzato di per sé, ma a cui si concede qualche scena di azione dove da solo riesce come sempre a far fuori tutti, stonando non poco con la poesia del film. Anche la storia d’amore, seppur non dannosa, appare una licenza hollywoodiana. Ma non togliamo troppo a un film che giustamente Quentin Tarantino ha inserito tra i migliori del 2012, perchè il divertimento è tanto, gli spunti di riflessione altrettanti e, non ultimo, si segue con facilità e leggerezza. Promosso.

LIKE CRAZY, di Drake Doremus (2011)
Los Angeles. Anna è una studentessa universitaria che si innamora, e viene ricambiata, del suo tutor, Jacob. Un’estate d’amore passata col visto scaduto renderà la loro storia un inferno vissuto tra distanze, speranze e mondi troppo diversi. Da una trama piuttosto banale, l’esordiente Doremus tira fuori il classico coniglio dal cilindro: Like Crazy è uno dei film più emozionanti e innovativi degli ultimi anni. Pur restando rigorosamente dentro i canoni della commedia sentimentale, il regista dona uno sguardo nuovo e particolare alla vicenda, caratterizzando soprattutto lo scandire del tempo che passa nella storia. Grazie a espedienti registici semplici ma emozionanti – quali un semplice viaggio in metropolitana o l’emozionante susseguirsi di istantanee che ritraggono la coppia in giorni diversi – Doremus riesce a dare un respiro a una storia come tante, rendendoci davvero una piccola chicca. A questo va aggiunta una chiusura finale di impatto e più che mai aperta. Un film girato a basso budget, spesso con camera a mano, certamente ricercato, elegante e fighetto, che ostenta la sua bellezza e ne esce vincitore, in quanto il talento, in questo caso, è superiore alla presunzione di chi ha messo in scena questo piccolo, inedito, gioiello. Sottotitoli in rete.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CONSAR BILLB 02 – 12 05 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24