Dall’imperdibile Battle Royale alla saga di Hunger Games

Hunger Games. La saga. Prima parte
Mai perdere di vista le saghe cinematografiche, a parte le infinite puntate di horror di successo (in quel caso si guardano i primi 3 e l’ultimo, quando si sa che è tale), mai sottovalutare il successo che film molto lunghi hanno nei giovani in cui di solito la soglia di attenzione fatica a superare l’ora. Anche perchè si rischia di appassionarsi quando di fronte si ha un bel Signore degli anelli o anche un Harry Potter; un po’ meno, francamente, davanti ai vampiri di Twilight. In tutti i casi, l’adolescente che è in noi ci ricorda che è vivo più che mai.
Hunger Games: prologo. In principio fu Il signore delle mosche, classico letterario che tutti conoscono, che non è riuscito ad avere una trasposizione cinematografica all’altezza. Poi vennero i reality show, che il cinema ha saccheggiato con successo (Truman Show su tutti, ma anche l’italiano Reality) e insuccesso (due film bellissimi e invisibili sui reality sono Contenders Serie 7 e My Little Eye). Poi a cavallo del secolo il Giappone fu sconvolto da uno strepitoso e violentissimo film, tratto da un fumetto, che in un futuro non lontano vedeva una scolaresca su un’isola che giocava a uccidersi l’un l’altro. Battle Royale piacque tanto a Quentin Tarantino, tanto che la ragazzina vincitrice della sfida se la prese con sé per Kill Bill. Il film non è mai uscito in Italia, anche a causa di vicissitudini distributive, ma cercatelo con ogni forza (tre invisibili, quindi: segnare!).
Hunger Games (di Gary Ross, 2012) La saga di Hunger Games arriva 12 anni dopo Battle Royale, è tratta anch’essa da libri (tre, pubblicati dal 2008 al 2010) e, pur troppo simile al capolavoro giapponese, rappresenta un ben congegnato mix in salsa fantascientifico hollywoodiana dei generi sopra citati. L’America del film è comandata da Capitol City ed è divisa in dodici (più un tredicesimo distrutto) distretti circolari caratterizzati da crescente povertà. Per sedare idee di rivoluzione, per punire qualche precedente ribellione e per dimostrare la forza della dittatura, Capitol organizza questi cosiddetti “giochi della fame” (in italiano rende benissimo) dove due rappresentanti per distretto devono “gareggiare” uccidendosi l’un l’altro, fino a che non ne resta uno solo. Eroina e protagonista, Katniss presto diventerà il seme della rivoluzione popolare. Hunger Games non è un film complicato, sa dove vuole parare e ci va in maniera naturale, ma ha tantissimi aspetti interessanti per elevarlo ad anni luce dal film per adolescenti golosi di popcorn. E se il regista non è nuovo a film cinici e critici (ricordate Pleasantville?), il cast ha lanciato quella che ora è sicuramente la miglior attrice in attività (tolto qualche mostro sacro in vita o in declino), un’interprete incredibile, emozionante e magnetica di un personaggio controverso, eroico ma umano, che fin troppo spesso è preda del suo troppo giovane istinto. Jennifer Lawrence, dopo questo, non ha mai sbagliato un film. Si citano molto volentieri l’istrionico Stanley Tucci nel ruolo del presentatore tv, e il sorprendente stilista interpretato dalla rockstar Lenny Kravitz. C’è anche Donald Sutherland, glaciale e fetente, e uno stravagante Woody Harrelson, ex vincitore dei giochi piuttosto alcolista, che qui ricorda più che altro il presidente della Sampdoria Ferrero. Attori, ma anche personaggi, psicologia e difficoltà o facilità di immedesimazione sorprendono e coinvolgono. E poi l’aria di rivoluzione, sempre nell’aria, nel cuore e nello spirito… To be continued.

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