Una doppietta di fantascienza russa da non perdere

Salyut7 ShipenkoSalyut 7 – La storia di un’impresa (di Klim Shipenko, 2017)
Unione Sovietica, 1985, in piena Guerra Fredda: la stazione spaziale Salyut 7 in orbita sulla Terra smette di funzionare e per evitare figuracce nei confronti dei rivali occidentali, che stanno mandando lo shuttle nello spazio, si decide di mandare due esperti cosmonauti nel tentativo segreto di salvare la stazione. Risposta sovietica all’americano Gravity (o anche ad Apollo 13) Salyut 7 è innanzitutto la ricostruzione di una storia vera tramite i diari di uno degli astronauti e uno dei film di fantascienza più interessanti degli ultimi anni. L’interesse del sottoscritto è prevalentemente destato da alcuni elementi, a partire dal carattere storico della vicenda finalmente visto dal punto di vista opposto rispetto alle nostre visioni abituali, ma soprattutto per la maestria tecnica delle scene spaziali. Erano anni che non venivo catturato da un realismo così impressionante, che alterna soggettive a rappresentazioni terze mozzafiato col nostro pianeta sullo sfondo, talmente coinvolgenti da togliere il respiro. E la scena in cui bevono vodka solidificata da atmosfera e temperatura, è una delle più poetiche viste negli ultimi anni. Non tutto funziona, perché il film è lento e lunghino (2 ore), spesso il ritmo cala vertiginosamente, la caratterizzazione del contesto familiare dei protagonisti è banale perché tenta di imitare i modelli americani, la scarsa brillantezza dei dialoghi, e anche l’ultima scena è di un buonismo sostanzialmente inutile. Ma lo spettacolo, maestoso, resta: ci troviamo davanti a un film emozionante per occhi e spirito, pur privo di ogni traccia di adrenalina, che non è mai uscito in sala da noi e che a questo punto costituisce un ideale visione per i vostri televisori 4k con tanti pollici che avete comprato recentemente a cui dovete collegare un lettore Blu-Ray (o Dvd ma la qualità video ne risente), visto che è uscito direttamente per il mercato casalingo.

I classici di R&D: Solaris (di Andrej Tarkovskij, 1971)
Il modo di dire nel cinema che ho usato sopra, e cioè “risposta sovietica” fu coniato proprio negli anni dell’uscita di Solaris, per metterlo a confronto con l’americano 2001: Odissea nello spazio. Anche nel 1971 si parlava di una stazione spaziale non funzionante, anche se in questo caso la stazione orbitava attorno a Solaris, pianeta con l’incredibile potere di realizzare i sogni di chi gli gravita attorno. Anche lo psicologico protagonista chiamato a salvare la stazione spaziale e soprattutto il suo equipaggio, cadrà vittima dei propri desideri. Anche in questo caso il ritmo non è protagonista del film, ma l’opera è maestosa nella sua poeticità e nel trasmettere sentimenti quasi quanto il pianeta protagonista. Il film ha subìto grossi tagli nella versione italiana, nella lunghezza (ridotta da 2 ore e 40 minuti a 2 ore, per “occidentalizzarlo”) e nei dialoghi, completamente stravolti. Fortunatamente l’avvento del dvd ne ha restituito lo splendore, e visto che ci siete potete davvero siglare questa bella doppietta di fantascienza russa di ieri e di oggi. Basta non avere fretta.

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