Missing You (Miniserie TV, 5 episodi)
La detective Kat Donovan scopre che il suo ex fidanzato, scomparso dalla sua vita da oltre dieci anni, è attivo su una nuova app di appuntamenti. Ma le sorprese non finiscono qui, perché Kat, che ha seguito le orme del padre, morto durante un arresto, scoprirà che dietro a quell’omicidio si nascondeva un man- dante rimasto nell’ombra. Le due vicende finiranno per intrecciarsi, coinvolgendola profondamente sia come investigatrice sia come donna. La serie è tratta da un romanzo di Harlan Coben, autore da cui la televisione attinge ormai con grande frequenza, basti pensare a The Stranger, Un inganno di troppo, Shelter e Safe. Come spesso accade nelle sue storie, la musica gioca un ruolo importante: qui la celebre Every Breath You Take dei Police accompagna la vicenda e diventa parte stessa del racconto, legata all’app di incontri che muove gli eventi. Missing You segue una struttura classica, costruendo la narrazione come un mosaico che si ricompone poco alla volta, fino a un finale capace di sorprendere con colpi di scena ben calibrati. La regia è sobria e le interpretazioni convincenti, elementi che rendono la serie un prodotto solido e godibile. Non fa gridare al miracolo, ma offre un intrattenimento intelligente, ben scritto e mai banale. In definitiva, una visione piacevole e riuscita, che svolge pienamente il proprio compito. Promosso.
Wayward – Ribelli (Miniserie TV, 8 episodi)
Creata e interpretata dall’attore queer Mae Martin e ambientata nel 2003, Wayward si focalizza su una cittadina, la fittizia Tall Pines, una comunità e un riformatorio specializzato nel recuperare studenti, come dice il titolo, “ribelli”. L’arrivo nella scuola di due studentesse ancor più ribelli del solito, e contempo- raneamente del poliziotto Alex, a Tall Pines, spezzerà lo strano e inquietante equilibrio di una comunità che, col passare dei minuti, pare somigliare sempre di più a una setta. Confezionata in maniera impeccabile e interpretata da volti noti (Toni Collette), mediamente noti (Mae Martin) e sconosciuti (la “migliore in campo” della serie, Alyvia Alyn Lind) con buona resa, ciò che colpisce immediatamente è una certa pretenziosità nella messa in scena, che tenta di unire un po’ troppi elementi: thriller, black humor e qualche altra sfumatura rigorosamente oscura. E qui il pubblico si divide. Per chi scrive, è una serie che inizia benino, continua stancamente e finisce male scadendo nella comicità involontaria, mentre a un nutrito gruppo di spettatori è piaciuta. Forse la magnetica Tall Pines, con loro, è riuscita davvero nel compito di reclutare adepti fedeli e obbedienti. Io, invece, non ci sono cascato. Per niente.