Easy A, la commedia con la giovane star Emma Stone, e il thriller mozzafiato Frozen

Easy A, di Will Gluck (2010)
Buon 2011. Previously, in “Visibili e invisibili”, parlando del 2010, si citava la giovane star Emma Stone, protagonista (oltre che dell’esilarante Zombieland) di questa commedia, in cui interpreta una giovane teenager che prima finge di essere una sciupa-uomini, poi si pente e spiega tutta la verità attraverso un cliccatissimo video online.  Prendendo spunto da un classico della letteratura, La lettera scarlatta (da qui la A del titolo), e costruito per capitoli e flashback, Easy A si distingue immediatamente per i suoi dialoghi brillanti: i protagonisti parlano in continuazione e le parole stesse sono la struttura vera e propria della narrazione. Non fraintendete, il film ha azione da vendere, per essere una commedia, e mentre lo guardiamo non possiamo che apprezzarne l’ottimo mix regia-dialoghi. Emma Stone è bravissima: la sua presenza buca lo schermo e trasforma un (apparentemente) innocuo filmetto adolescenziale, in una commedia intelligente, divertente, ricca di spunti interessanti e situazioni al limite del paradossale. Il modello è dichiarato: le commedie anni ’80 del compianto John Hughes (Breakfast Club su tutte), omaggiato in una delle sequenze più divertenti degli ultimi anni, in cui la protagonista sogna un vero e proprio “principe azzurro” in uno sproloquio che pare una fantastica parodia del monologo di Edward Norton della 25a Ora. Se tutto va bene, uscirà nelle sale a inizio marzo con l’anonimo titolo Easy Girl, incasserà poco, e ce lo dimenticheremo tutti e poi finirà il mondo. Forse.   7

Frozen, di Adam Green (2010)
Come annunciato nel lontano dicembre 2010, Frozen è un avvincente, inquietante, appassionante e coinvolgente thriller mozzafiato. La trama ricorda Buried e Open Water, thriller claustrofobici in cui i malcapitati di turno si ritrovavano o in una bara o in alto mare. In questo film invece i nostri protagonisti si trovano con sci (e snow) ai piedi in seggiovia tra le nevi. Con le seguenti aggravanti: è notte, l’impianto è fermo e riapre solo dopo cinque giorni, il punto in cui sono bloccati è troppo alto per saltare giù, il telefonino non ce l’hanno (furbi, loro) e, come si può intuire, fa un freddo cane. Le vie di fuga, a differenza dei film sopra citati, esistono nella loro affascinante impraticabilità, e ciò porta lo spettatore a identificarsi in una sorta di quarto passeggero della seggiovia, grazie anche a una costruzione perfetta, una complessiva credibilità (anche la storia del telefonino può starci). Una sorta di lotta tra uomo e natura che ci tiene letteralmente incollati alla sedia (un po’ come i protagonisti…). Adam Green da noi è noto solo come cantautore; questo omonimo regista è specializzato in horror fin dal 2006 con Hatchet (buon prodotto per appassionati) e i suoi film si sono visti solamente in festival di genere. Da questo punto di vista, purtroppo, Frozen non fa eccezione e da noi si possono soltanto scaricare dalla rete i sottotitoli italiani. Durissimo, uno dei migliori thriller degli ultimi anni. Soprattutto per chi ama scivolare sulla neve, sci o snow che sia.   7 1/2

P.S.: mentre scrivo questa rubrica, apprendo che Checco Zalone ha già battuto Avatar negli incassi. Mi scuso con l’intera umanità per aver espresso dubbi in passato su Avatar.

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