Ecco due film da non perdere (e uno anche da distribuire)

Posh (di Lone Scherfig, 2014) Nelle università americane ci sono le confraternite, nell’élite di studi di Oxford c’è il club più esclusivo del campus, il Riot Club, formato rigorosamente da dieci membri, tutti rigorosamente ricchi, “tories” (i conservatori, la destra inglese) e con l’unico scopo di divertirsi fino all’assoluto piacere, personale e di gruppo. La storia parte dall’inserimento di due nuovi membri, fino alla cena che sancisce la definitiva consacrazione. In originale il film si chiama The Riot Club, ma per una volta possiamo accettare il titolo italiano, visto che è tratto da una piece teatrale chiamata appunto Posh, che significa “elegante, lussuoso, alla moda, cool”. La matrice teatrale del film è assolutamente evidente, soprattutto nella seconda parte, quando il magnifico cast di attori (tra cui il figlio d’arte Max Irons, ma il migliore è Sam Claflin) si riunisce in una sola stanza (modello La parola ai giurati, ma qui siamo su tutt’altro tono), mostrando la bravura loro e della regista danese Lone Scherfig (ricordate Italiano per principianti?); molto più cinematografica, ed egualmente efficace, la prima parte dove viene presentato questo mondo in quella che sembra una versione de L’attimo fuggente per fighetti e che ben presto, man mano che scorre la storia, si trasforma  in una sorta di Arancia Meccanica. Un film molto cattivo, che ha obiettivi ben precisi: ci sono stoccate non da poco al Regno Unito, dal governo alle università d’élite, dai tories alla stessa working class, seppur in modo più marginale. Un film ideologicamente schierato e sconsigliato dalle nostre parti ai membri dei vari club esclusivi della città, che potrebbero avere verso di esso reazioni simili ai suoi protagonisti. Per tutti gli altri, una commedia nera da non perdere per nessun motivo.
Il giardino delle parole (di Makoto Shinkai, 2013) Due ragazzi poco più che ventenni lavorano in un centro di recupero per adolescenti con problemi familiari, e alle prese coi loro problemi soprattutto legati alla voglia di fuga. I due educatori stessi vengono da un’infanzia difficile e stanno iniziando una relazione sentimentale insieme. Partiamo dalla fine: Short Term 12 è magnifico, uno dei film più belli degli ultimi anni, con un senso del realismo assoluto, sincero e una drammaticità che la cinematografia mondiale da molto tempo non riesce a raggiungere. Tratto da un cortometraggio del 2009 dello stesso regista hawaiano (!), il film ha ottenuto grande consenso al Sundance sia di pubblico che di critica, e ovviamente resta inedito in Italia se non per la presenza dei sottotitoli. La protagonista, Brie Larson, è di una bravura disarmante (ha vinto molti premi) ma tutto il cast non è da poco. Un tema trito e ritrito, trattato in maniera sublime. Un film che ha il 99% di consensi su Rotten Tomatoes, che ha entusiasmato tutti, che ha un’edizione Blu Ray americana con scene eliminate e corto originale. Da non perdere e da distribuire, accidenti!

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