Ecco il film che tutti dovrebbero vedere di questa prima parte del 2020

Jojo RabbitJojo Rabbit (di Taika Waititi, 2019)
Nella Germania nazista del 1945 che si apprestava a essere liberata, Jojo è un bambino di soli 10 anni, accudito dalla madre, che nonostante l’età manifesta un fortissimo senso di appartenenza alla sua nazione. Il suo amore è tale che non solo frequenta la scuola per giovani nazisti, ma addirittura gli compare, in una sorta di sogno ad occhi aperti, Hitler in persona pronto a dargli consigli e a seguire il suo percorso come una sorta di mentore.

Il “problema” di questo Fuhrer (interpretato magistralmente dal regista in persona) è che è una buffa caricatura frutto dei pensieri e dell’immaginazione di un bambino di quell’età, un personaggio che non può non rimandare al Grande Dittatore di Chaplin, col suo fare clownesco e surreale.
I problemi seri, ancor prima della caduta dei suoi dei, saranno un incidente in un’esercitazione della gioventù militare e una scoperta casalinga che pian piano cambierà il modo di pensare di un bambino che si appresta a diventare adolescente.

Il lettore che arrivato fin qui sta pensando di ritrovarsi di nuovo davanti a una sorta di La vita è bella non sbaglia perché ci troviamo davanti a una commedia che cerca di strapparci un sorriso parlando dell’epoca più buia della storia dell’uomo, ma i paragoni finiscono qui perché Jojo Rabbit vive di luce propria.

Cominciamo dal regista, perché il neozelandese Taika Waititi, di padre maori e di madre ebreo/russa, è un genio dei nostri tempi, che abbiamo già ospitato in questa rubrica grazie soprattutto ai suoi primi, bellissimi film What We Do in the Shadows (finto documentario su vampiri) e l’altro delizioso Selvaggi in fuga (recuperate).
Poi tra i protagonisti (oltre al regista-Hitler e i bravissimi bambini) c’è un meraviglioso, autoironico e istrionico Sam Rockwell nei panni dell’istruttore. Inoltre, c’è la canzone finale, scelta quasi obbligata e forse banale, che fa versare ulteriori lacrime già versate in precedenza. Poi ci sono i colori, perché il regista dipinge con uno sfarzo e una messa in scena alla Wes Anderson un periodo di terrore e crudeltà. Ma soprattutto c’è il punto di vista del bambino protagonista, che “legge” il nazismo come una favola e ci mostra come il suo ingenuo mondo si approcci a un tale orrore.

Si ride tanto, si piange un po’, ci si alza in piedi e si fa il tifo, in Jojo Rabbit. Poi leggerete che è un film imperfetto, che non rischia, che non spinge, che ammicca, che è ruffiano. E forse hanno ragione, ma questa volta non ci interessa, perché è il film da vedere di questo inizio anno, senza alcun dubbio e per ogni età.
Genitori, piantatela coi soliti cartoni animati buonisti, e portate i vostri figli a vedere questa gemma di gioia, vita ed educazione!

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