flash forward, l’occhio della fantascienza nel quotidiano

Alle ore 22 del 6 ottobre 2009 l’intera umanità ha perso i sensi per 2 minuti e 17 secondi. In questo lasso di tempo, tutti hanno visto il proprio futuro (un “flashforward”), e precisamente la stessa ora del giorno 29 aprile 2010. La polizia federale inizia a indagare su cause e colpevoli di questo cataclisma, che ha causato migliaia di morti in tutto il mondo: pensate a chi stava guidando, a chi era sotto i ferri… insomma a tutti coloro che non possono chiudere gli occhi per 2 minuti.

Questa è la trama accattivante di un telefilm che, nella migliore tradizione di un certo cinema di fantascienza (recente e non), introduce un elemento sovrannaturale nella vita quotidiana. In questo caso, poi, si scopre ben presto che non si tratta di un evento divino, ma dell’opera di menti geniali e diaboliche. Non è la prima volta che la televisione americana offre prodotti di questo genere (si pensi al fallimentare 4400, trasmesso da noi a tarda notte su Rai 2), ma ciò che colpisce in questo caso è la dinamica del telefilm, che oltre a seguire le orme dei polizieschi più o meno classici, da Csi a 24, pian piano svela elementi preziosi della trama uniti a veri e propri colpi di scena, meccanismo narrativo che ha fatto la fortuna di Lost. Non solo azione e mistero, però, ma anche riflessioni su un tema piuttosto inflazionato ma qui posto in modo insolito: quanto siamo artefici del nostro destino? Il futuro è già scritto? Siamo attori protagonisti della nostra vita o semplici spettatori? Domande che nel telefilm trovano risposte ovviamente non definitive ma certamente accattivanti.

I produttori avevano previsto grandi fortune per questa serie, tanto da annunciarne almeno tre stagioni, ma il pubblico li ha smentiti subito: dopo un paio di puntate molto seguite, gli ascolti sono precipitati al punto tale da far annunciare la chiusura della serie in una sola stagione. Paradossalmente, si è trattato di una fortuna: gli episodi procedono con ritmo incessante e appassionante verso un finale abbastanza prevedibile ma che almeno chiude il cerchio, svelando i misteri della trama. Tra gli attori, il protagonista è il noto Joseph Fiennes, che ha avuto alterne fortune al cinema e che ben veste i panni dell’agente FBI Mark Benford. Tra gli altri, da citare la moglie di Mark, Olivia, interpretata da Sonya Walger, già presente in Lost come moglie di Desmond. Ma la vera star del serial è l’ormai navigato attore televisivo Dominic Monaghan, che dopo aver lasciato la sua piccola impronta come “Pipino” nel cinematografico Signore degli Anelli, e aver recitato in Lost la parte di una rockstar eroinomane, in Flash Forward si rivelerà uno dei personaggi chiave della vicenda. Come scritto per Lost, i serial americani sono un grande toccasana per il cinema internazionale, perchè, a differenza degli stanchissimi blockbuster hollywoodiani, risultano originali e innovativi e più liberi di stupire. Peccato che la loro vita dipenda troppo da audience e contratti con gli attori, che spesso rendono inverosimile la vita di una serie televisiva lunga. Flash Forward è una (mini)serie tormentata e subito tramontata, con alti e bassi, per la quale si può spendere qualche semplicissima parola: da-non-perdere!

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