Il cartone da Family day, bello e banale. E la Pixar…

su Inside Out (di Pete Docter) e sulla Pixar in generale
Io e la Pixar abbiamo grossi problemi. Non reciproci perché credo che la potente, prolifica e fantasiosa casa di produzione non sappia neanche dell’esistenza della città di Ravenna (male), ma pur sempre problemi restano. Sono vent’anni, fin da Toy Story, che la visione dei loro film mi irrita profondamente. E l’ultimo nato, Inside Out, non fa eccezione, anzi si fa carico di anni di silenziosi borbottii che finalmente trovano qui uno sfogo. Come sempre succede in questi film, Inside Out parte da un soggetto straordinario: la mente umana, in questo caso impersonata dalla undicenne Riley e guidata da cinque buffi personaggi che si chiamano e rappresentano Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto. E, ancora come sempre, l’inizio è una bomba, perché ti presentano il soggetto in maniera chiara, con ritmo e tempistica perfette. Il problema nasce quando viene costruita la storia, da sempre sullo stesso asse: stiamo tutti bene, c’è un problema, succede il finimondo apparentemente irreparabile, segue un mezzo miracolo che mette a posto tutto, lieto fine. E di questa cosa non ne posso più, e forse inizieranno un giorno a non poterne più neanche i bambini. Perchè questo film ha una parte centrale dichiaratamente per bambini, che per bambini non lo è per niente. Nel senso che la costruzione dell’avventura rispecchia perfettamente i loro gusti, ma messaggio, citazioni, allusioni e soprattutto pretese entrano dalla porta principale dell’immaginario infantile per poi forse non uscire. Un esempio è dato da una scena cinematograficamente molto bella che vede i due protagonisti nel tunnel del pericoloso (ah si?) Pensiero Astratto, dedicato all’immaginazione, vista palesemente come un piccolo inferno (gustose citazioni pittoriche a parte). Un articolo di James Douglas su Internazionale analizza a fondo la poetica della Pixar giungendo a una conclusione forte come “per la Pixar, vivere è lavorare”, analizzando a fondo in questo film la figura del padre di Riley. Ci sono cartoni e cartoni, perché Minions (che pure nella sua parte avventurosa mi aveva annoiato) sembra decisamente più gioioso e innocuo (e con una colonna sonora che da sola costituisce educazione), mentre Inside Out l’ho visto come un poco gradevole approccio solo apparentemente semplicistico allo studio della mente umana. I bambini si divertiranno in ogni caso, perché la qualità estetica del prodotto è da brividi, e si identificheranno in uno dei due insopportabili personaggi protagonisti, una Gioia insolente e maestrina, e una Tristezza troppo ancorata nella guastafeste che diventerà ovviamente amica della sua nemesi. Un film da “family day”, rigorosamente adatto a famiglie cosiddette “naturali” e “di sani principi”, estremamente noioso per chi cerca qualcosa di diverso, e dal finale scontato al 100 percento. Detto questo, su queste pagine non si fa censura, non si mette in guardia, non si scarta a priori: in realtà volevo capire cosa mi infastidisse di queste produzioni e ce l’ho fatta con un fiume di parole un po’ troppo distanti dal vero cinema. Voi correte al cinema  senza paura, portate i vostri bambini, che noi siamo cresciuti a robot devastanti ed aliene sempre nude, eppure siamo una generazione che ha avuto degli ottimi mediatori, come genitori!

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