Il maestro Coppola è troppo didascalico e stecca sui suoi Segreti di famiglia

Segreti di famiglia di Francis Ford Coppola
Approfittando delle dannose, inutili e fastidiose cosiddette festività natalizie ho pensato di trasferirmi nell’appartamento di sotto e - solo per una volta, giuro - occuparmi della settima arte.

Nella fattispecie, la pellicola che ho visionato per voi è l’orrendo Segreti di famiglia (Tetro, in originale) del maestro Francis Ford Coppola, ossia Colui Che Ha Diretto Apocalypse Now!, incidentalmente il mio film preferito di tutti i tempi (spuntandola di poco su Dies Irae, di Carl Theodor Dreyer, e The Kingdom I di Lars Von Trier). Dopo l’ottimo Un’altra giovinezza di due anni fa, Segreti di famiglia - prima sceneggiatura originale di Coppola da La conversazione, del 1974 - si rivela invece un lavoro di una modestia ai limiti dell’imbarazzante. Certo, c’è Vincent Gallo - che se potessi scegliere di essere un altro uomo in tutto il mondo direi: Vincent Gallo! non fosse altro che per dirigere me stesso in Brown Bunny e dare al mondo un disco come When - c’è l’ambientazione affascinante a Buenos Aires, c’è un bianco e nero glorioso e c’è tutto il mestiere che il Maestro possiede, tuttavia tutto ciò non basta a puntellare un drammone di ispirazione autobiografica dalla trama piuttosto scontata in cui si muovono - comunque bene - personaggi (e situazioni) stereotipati al parossismo (il bello e dannato, il giovane sognatore che comincia a capire la vita, la donna perfetta, bella, dolce, forte e innamorata, il Cattivo Assoluto, il gay elegante e gentile e isterico). Trama: il diciottenne Bennie Tetrocini (interpretato da un bravo Alden Ehrenreich, capace di assomigliare contemporaneamente a Di Caprio e Matt Damon e sorridere come Jack Nicholson) sbarca a Buenos Aires per ritrovare il fratello maggiore Angelo (Gallo), scappato da New York e dalla ingombrante famiglia - il padre, Carlo Tetrocini (Klaus Maria Brandauer), è uno dei direttori d’orchestra più famosi del mondo - una decina d’anni prima e ora sistematosi nel quartiere La Boca (dove è conosciuto semplicemente come Tetro) con la fidanzata Miranda (Maribel Verdù), sua ex psicoterapista. Bennie vorrebbe riavere l’affetto di Tetro, suo unico punto di riferimento di un’infanzia trascorsa in una famiglia distante, frammentata (lui e il fratello hanno madri diverse, morte entrambe - ovvio - in circostanze tragiche), traboccante segreti, di cui il più clamoroso, svelato alla fine, è degno della miglior tradizione telenovelistica sudamericana. Tetro però è rancoroso, non batte completamente a segno, è chiuso a riccio sul suo passato, passato raccontato in un manoscritto tenuto segreto, ma scovato dal tenace Bennie che, decifrandolo (è scritto a mano al contrario), riesce a ricostruire le tragicissime vicende dei Tetrocini, tutte ascrivibili alla malvagità del padre Carlo. Inutile dire che inizialmente Tetro vuole cacciare l’inatteso fratello, ma che poi l’ammore trionfa. Ciò che lascia davvero perplessi del lavoro di Coppola è la totale mancanza di sfumature, sia nel delineare i personaggi che i temi chiave, affondati sotto strati di tragedia greca e clichè freudiani, quando invece è proprio sulla fine introspezione psicologica che il Maestro sempre ha eretto il suo talento. 4

Golden Ninja Warrior di Joseph Lai
Se vi capita, scaricate (anche perché non credo sia possibile recuperarlo in alcun altro modo) questo capolavoro kung-fu trash del 1986: capirete cosa ha guardato per anni Quentin Tarantino prima di essere Quentin Tarantino. 9

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