It follows, uno dei migliori horror degli ultimi anni perché fa paura

It Follows (di David Robert Mitchell, 2014)
Jay è perseguitata da esseri invisibili che la seguono ovunque, forse a causa di un rapporto sessuale con una persona che si trovava nella stessa situazione e che si è così liberata. Questa specie di zombie invisibili a tutti gli altri camminano senza fretta, ma se ti prendono ti uccidono. In sintesi, questa è la trama dell’opera seconda di un regista che mostra talento e confidenza col mondo dei teenagers. It Follows è uno dei migliori horror degli ultimi anni (insieme a The Babadook), e il motivo principale è molto semplice: fa paura. Il risultato è un mix di elementi come la trama, la regia e non ultima la musica che collocano il film in una nicchia temporale precisa. It Follows è infatti un grande omaggio, nonché una rivisitazione, dell’horror anni ’80, decennio di grandi svolte nel genere. La vicenda è ambientata in quegli anni (e se non lo è, lo sembra) e i protagonisti sono ragazzi, proprio come in Scream dal compianto Wes Craven, qui omaggiato anche per i riferimenti a Nightmare; la regia ha imparato la lezione kubrickiana (senza eguagliarla, ma quello è impossibile) carica di zoomate, rallenty e immagini statiche; la musica è figlia legittima di John Carpenter, del cui fantastico Halloween troviamo tracce nel film; in questo abile mix vengono collocati fantasmi e zombi, che hanno quasi un paio di decenni in più, ma che si integrano nella “ricetta”. It Follows, come molti suoi predecessori, ha anche un sottotesto allegorico: il contagio sessuale, in un contesto di trent’anni fa, ci porta direttamente alla grande e giustificata paura dell’Aids, anche se qui è citata in maniera non esaustiva. Ma non era lo scopo del regista fare un film di denuncia. It Follows non ha ancora un distributore italiano, ma i ravennati (e dintorni) potranno gustarselo come evento speciale del Nightmare Film Fest  sia sabato (16:30) che domenica (20:00).

The Myth of the American Sleepover (di David Robert Mitchell, 2010)
Prima dell’ottimo It Follows, cosa aveva combinato il talentuoso David Robert Mitchell, sconosciuto quarantenne regista americano che ambienta i film a Detroit? Parlava ancora di teenagers, visto che lo “sleepover” non è altro che il mitico pigiama party americano. Il film racconta una notte passata per varie feste di un college. Però chi si aspetta un nuovo Animal House (sempre sia lodato) o comunque vuole farsi qualche risata, rimarrà deluso. Questo Myth, pur restando sul terreno della commedia, non fa ridere e non vuole neanche provarci. Il film offre un riuscito e delicato specchio di una notte, di un’età, di una generazione tramite un rito (un “mito” quindi) attraverso il quale passano tutti i giovani, con  alcol e sesso (o almeno il tentare) in primo piano. Il film non denuncia e non si fa mai troppo serioso, ed è proprio questo equilibrio il suo punto di forza. La sua semplicità non lo renderà nè un cult nè un mito, ma l’approccio a un tema abusato riesce a essere convincente, originale e riuscito. Disponibile in Italia solo con i sottotitoli tradotti.

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