Il nuovo It prevedibile e ruffiano. Sperando nel seguito…

It (di Andy Muschietti, 2017) La trasposizione cinematografica di It è sicuramente uno degli eventi della stagione, visto il successo lungo trent’anni del romanzo di Stephen King e considerata la poco riuscita versione televisiva del 1990 che lasciò l’amaro in bocca ai fan del libro. Categoria, quest’ultima che non deve neanche pronunciarsi perché, come già detto da queste parti, libri e cinema sono due arti da non confondere e non paragonare: dichiaro che verrà quindi ignorata la versione cartacea (non letta) e si parlerà di cinema. Il film è ambientato nella cittadina immaginaria di Derry nel Maine e vede un gruppo di ragazzini la cui esistenza verrà sconvolta per colpa delle apparizioni di un mostro dalle sembianze di clown, Pennywise, responsabile della sparizione di diversi ragazzi. Il film non si ferma a una lotta tra i nuovi goonies e un pagliaccio, ma ci mostra la desolante provincia americana di fine anni ottanta (la storia si svolge tra il 1988 e il 1989), con famiglie allo sfascio e bullismo diffuso a macchia d’olio nelle scuole. Il perno della storia è sicuramente Pennywise, correttamente e grintosamente interpretato da Bill Skarsgard che però è davvero niente a confronto del suo primo adattamento, che vedeva negli stessi panni il grande Tim Curry (quello di The Rocky Horror Picture Show, per intenderci): il suo clown per anni ha fatto parte dell’immaginario orrorifico di un paio di generazioni, il suo sorriso non lo si può dimenticare e il terrore nel sovvertire una figura divertente in un mostro fu qualcosa di magnifico, unica stella di un film per la tv per il resto ampiamente deludente, quello di 27 anni fa. Dal 1990 a oggi tanta acqua è passata sotto i ponti (e nelle fogne) e oltre agli anni ottanta spielberghiani (i già citati Goonies) e kinghiani (Stand By Me) sono apparsi altri mostri (Scream, per esempio) e tanti altri omaggi sia al genere che al periodo, che resta una veste perfetta per ambientare gli orrori, se non fosse altro per l’assenza di cellulari. Poi c’è stato Stranger Things, da poco (e adesso è in arrivo la seconda stagione). E questo nuovo It così corretto, così ruffiano e così rispettoso dei canoni, rischia non solo di essere un prodotto già scaduto, ma anche un concentrato di quelli che con gli anni sono inevitabilmente diventati luoghi comuni, come ad esempio le apparizioni, i bagni di sangue e le case stregate. E il clown non fa paura, o per lo meno non ce lo sogneremo la notte, lo confonderemo con Munch, Leatherface o Michael Myers e alla fine gli preferiremo sempre questi ultimi. In conclusione, dato il mio interesse nullo nel rapporto col libro di King, questo It si presenta come un sunto di cose già viste e realizzate, che non aggiunge nulla di nuovo o di artistico al cinema horror. Può anche piacere, ma siamo in bilico tra noia e prevedibilità di trama e di stile. Il film avrà un seguito (i bambini diventano adulti e torneranno a sfidare Pennywise, parte che nel film televisivo si ricorda per la sua bruttezza), chissà che a opera compiuta non mi si possa migliorare la piatta opinione riguardo questo “coso”.
Stephen King e il cinema. Seconda parte. Nella seconda infornata di film tratti da romanzi del Re dell’horror spicca uno dei migliori, colpevolmente e volontariamente dimenticato nella prima (così per dare più peso al sequel): il Carrie lo sguardo di Satana di Brian de Palma è un grandissimo horror (e anche nel nuovo It è ampiamente citato). A molti è piaciuto Il miglio verde, a me no, perché funzionava meglio come romanzo a puntate che opera unica, mentre un altro buonissimo film è La zona morta di Cronenberg. Malino il Christine di Carpenter, per il resto io lascerei perdere.

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