Là-Bas e L’arrivo di Wang, due invisibili che speriamo di vedere presto in sala

Nulla di personale contro Ozpetek, regista di film spesso molto validi. Ma che, in assenza di un cinepanettone a imperversare nelle sale, ci dev’essere il film d’autore a monopolizzare cinema e attenzione dello spettatore, un po’ dà fastidio. Soprattutto quando sono previste nelle sale altre pellicole italiane che meriterebbero ben altra visibilità. I due film della settimana, in qualche modo sia visibili (in quanto usciti in sala a marzo) che invisibili (in quanto mai visti da queste parti), sono molto diversi, sia in genere che in qualità, ma entrambi uccisi da una distribuzione disinteressata e dalla cultura nostrana che pare poter mostrare attenzione solo per un film alla settimana. Speriamo, in ogni caso, di vederli presto in sala.

Là-Bas, di Guido Lombardi (2011)
Miglior Opera Prima all’ultima Mostra di Venezia, Là-bas parte dal punto di vista di un giovane artista immigrato nigeriano che cerca lavoro a Napoli per acquistare un costoso macchinario per produrre le sue opere. Il giovane trova spazio in una comunità di Castelvolturno e la protezione di un malavitoso boss, suo zio, che lo coinvolge in traffici di stupefacenti. Parlato quasi interamente in francese e in napoletano e assolutamente non doppiabile (quindi addio sogni di successo in Italia), l’opera prima di Lombardi è un interessantissimo intreccio tra una storia in perfetto stile Padrino, ambientata nei luoghi già tristemente noti nel film Gomorra, film a cui deve molto in scelte stilistiche. Partendo dalla strage di Castelvolturno del 2008 a opera dei Casalesi nei confronti degli immigrati, Là-bas (dal francese, “laggiù”) ribalta completamente i clichè legati al luogo e alla struttura narrativa: la periferia napoletana simbolo della camorra qui è un (quasi) anonimo spazio per la storia di una mala vita, e di una malavita diversa dai modelli nostrani. Inoltre il punto di vista è quello della famiglia nigeriana, immigrata, che ha posto a Napoli radici simili a quelle dei Corleone a Miami: Napoli, una volta tanto, è una città qualunque. Di ispirazione pasoliniana (come un altro grande debutto di quest’anno: Et In Terra Pax), la storia ha il grande pregio di non virare mai nel melodramma, gli attori non professionisti sono estremamente convincenti e la regia di Lombardi ha ritmo e non perde tempo. Là-bas non è ciò che si possa definire una vera e propria novità, ma mescola le carte bene e ne fa venire fuori un ottimo prodotto.

L’arrivo di Wang, dei Manetti Bros (2011)
Una giovane interprete di lingua cinese viene ingaggiata dai servizi segreti italiani per interrogare un alieno, che ha imparato il cinese, perché studiando il nostro pianeta ha notato che era la lingua più diffusa. L’idea è divertente e anche la messa in scena non è affatto male, con un Ennio Fantastichini ottimo agente segreto, e mettiamoci dentro anche il finale a sorpresa assolutamente divertente. Il film conferma la passione dei Manetti per il cinema di genere, affrontato con successo soprattutto nel gustosissimo Piano 17. Con Wang avevano voglia di stupire ulteriormente, di tirarci un brutto scherzo su temi cari, ma falliscono in quella che probabilmente è una delle loro migliori caratteristiche: il ritmo e l’originalità narrativa. Tolta la prima mezz’ora, il film è purtroppo molto ripetitivo e vive stancamente nell’attesa di un finale che a quel punto arriva un po’ troppo tardi, nonostante la durata non certo eccessiva del film (80 minuti). Resta lo humor nero dei registi e uno sberleffo nei confronti di temi delicati e quanto mai attuali, quali diversità, pregiudizio e comunicazione tra popoli. Una sorta di parodia di film come District 9. Occasione mancata, nel complesso, ma L’arrivo di Wang resta e resterà un tentativo coraggioso e originale di fare cinema di genere in Italia.

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