Lawless, un buon film ma senza spessore

Lawless, di John Hillcoat (2012)
Negli anni della depressione e del proibizionismo, i tre fratelli Bondourant, in una contea della Virginia, in un mondo lontano dalla malavita di Chicago, soddisfano la sete di tutta la zona distillando, producendo e vendendo clandestinamente alcolici. Gli equilibri della campagna americana verranno messi a dura prova dall’arrivo da Chicago di un agente governativo spietato e corrotto. Narrati dal fratello minore Jack, inizialmente il più debole e fragile, i fratelli distillatori sono presentati in modo quasi mitologico e definiti come immortali: se Howard è sopravvissuto alla Grande Guerra è un uomo taciturno e segnato dagli orrori, mentre Forrest è il vero capo carismatico della famiglia, per il quale Jack prova vera e propria ammirazione. La narrazione, caratterizzata da un forte accento epico, la si deve al nipote di Jack, Matt, che non c’è nel film ma è l’autore del soggetto e del libro da cui è tratto il film, precisazione che ci aiuta a comprendere e “perdonare” molti aspetti del film. Un racconto tramandato, che non può essere considerato un frammento d’epoca, ma un vera e propria epopea familiare. Ancora più come film, Lawless sarebbe stato un ottimo telefilm, senza volerne sminuire il discreto valore: l’attenzione ai personaggi e all’ambientazione mettono spesso in secondo piano la storia, che procecde un po’ automaticamente come una guerra tra una malavita giusta e una giustizia malavitosa. Belli i personaggi di contorno, a partire dalle donne, per arrivare al capo gangster di Gary Oldman e soprattutto al nemico antagonista di Guy Pearce, una maschera d’odio che per motivi non chiari ricorda tantissimo il Bob Geldof del film The Wall. Non dimentichiamo i protagonisti, perchè Tom Hardy è più di una promessa e Shia LeBeouf tiene perfettamente in mano il ruolo del protagonista. La regia dell’australiano Hillcoat, reduce dal pessimo The Road (ma è piaciuto a molti), non graffia ma neanche disturba, ma con le sue grandi inquadrature fa di tutto per evidenziare personaggi e sceneggiatura che per l’occasione porta una notissima firma del rock: Nick Cave. Un nome così altisonante implica un’analisi della colonna sonora, da lui curata insieme al decano del violino Warren Ellis con cui hanno formato, per l’eccezione il gruppo The Bootleggers: i due firmano delle gustose versioni di pezzi che vanno dal buon vecchio country ad alcuni classici rock, su tutti la magnifica White Light White Heat dei Velvet Underground, realizzata con Mark Lanegan durante il film, e ripresa nei titoli di coda da Ralph Stanley; ci fermiamo qui, ma tutta la colonna sonora è da scoprire.
Tornando al film, e tirando le conclusioni, troviamo una pellicola che è un mix dei fratelli Coen del paese per vecchi, dei western della vecchia scuola americana, e in maniera minore dei gangster movie da Al Pacino a Michael Mann: Lawless è un buon film, che (un po’ come al già recensito Le belve) manca di quella profondità e spessore che ti porterebbero a ripensarci e a riguardarlo. Ma per le due ore di durata, non mancherete di appassionarvi alle vicende, vere o mitiche che siano, di questi tre uomini e del loro mondo, così lontano nel tempo e nello spazio da non sembrarvi reale. E con un sottofondo musicale a cinque stelle.

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